Rifiuti e ristorazione i business puntati dal gruppo criminale finito nel mirino della Dda in Lombardia. Il luogotenente del clan pronto a puntare sulla monnezza: «Anche qui facciamo la Terra dei fuochi». L’allarme dei pm antimafia: «Costante e asfissiante presenza delle cosche»
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«Tu stai tranquilla, il tempo che veniamo noi qua, faremo diventare qua la terra dei fuochi». Così in un'intercettazione del maggio del 2019 Giovanni Caridi, finito in carcere oggi assieme, tra gli altri, a Salvatore Giacobbe, che sarebbe stato a capo a Milano di un clan della 'Ndrangheta legato ai Piromalli, parlava dell'interesse della cosca al business dei rifiuti.
Il particolare emerge dall'ordinanza firmata dal gip di Milano Sonia Mancini, che ha portato in carcere 14 persone nell'inchiesta della Gdf e del pm Silvia Bonardi, che ha fatto venire a galla anche presunte infiltrazioni in locali della ristorazione nella movida milanese nel quartiere Isola, in particolare al Mercato comunale di piazzale Lagosta.
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Nel provvedimento si parla della «costante ed asfissiante presenza» della 'Ndrangheta «in vari settori economici, che il gruppo Giacobbe ha permeato giovandosi di imprese a ciò strumentali, portando avanti, peraltro, un piano chiaramente espansionistico perché volto a prendere il controllo di una serie di attività economiche particolarmente redditizie operanti nel tessuto della ristorazione milanese e del traffico illecito di rifiuti». In merito a questo «in particolare, non può non menzionarsi la frase che Caridi Giovanni (preposto da Giacobbe Salvatore proprio agli aspetti esecutivi di tale attività delittuosa) riferisce a Moccia Emanuela (compagna di Salvatore Giacobbe) “Tu stai tranquilla, il tempo che veniamo noi qua, faremo diventare qua la terra dei fuochi”».
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Salvatore Giacobbe, 72 anni e residente a Milano, stando all'imputazione di associazione mafiosa, «munito della dote 'ndranghetista di “Vangelo”, promuoveva, dirigeva ed organizzava un sottogruppo mafioso» in relazione «alle diverse azioni e settori di intervento del gruppo, assumendo compiti di decisione, pianificazione ed individuazione delle strategie della consorteria, impartendo direttive agli associati» per garantire «l'operatività del sodalizio» e «curando direttamente i rapporti con Piromalli Girolamo (non arrestato per associazione mafiosa in questa inchiesta, ndr) classe 1980 detto “Mommino” o con i suoi emissari».
Il maxi fatturato del locale: «246mila euro in sei mesi»
Il «dominus delle attività commerciali» della movida milanese sequestrate oggi dalla Gdf nell'ambito dell'inchiesta del pm della Dda di Milano, è Agostino Cappellaccio, referente dei Piromalli di Gioia Tauro, tra i 14 arrestati. Lo si legge nel decreto di sequestro delle società riconducibili al presunto procacciatore d'affari del gruppo criminale capeggiato da Salvatori Giacobbe che hanno portato le Fiamme Gialle a mettere i sigilli a 4 locali all'interno del Mercato Comunale Isola, ossia La Masseria, bottega di prodotti alimentari, Granum, pizzeria d'asporto, la pescheria Piscarius e il Beats Bar.
Come si evince dalle intercettazioni la pescheria, dal primo ottobre fino al 5 aprile scorsi, quindi «in sei mesi» ha fatturato, «246 mila euro!!!!», dice Cappellaccio il quale, secondo il pm, ha «un profilo reddituale (...) del tutti incoerente con i massicci investimenti» per la progressiva costituzione delle società sequestrate, il cui numero potrebbe aumentare, in quanto sono in corso accertamenti su altre srl.
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L'inchiesta della procura di Milano «è l'inquietante dimostrazione» che l'allontanamento dalle organizzazioni mafiose «difficilmente può avvenire su base volontaria». Lo mette nero su bianco il gip Sonia Mancini nella sua ordinanza di custodia cautelare di oltre 600 pagine. Il dominus di questa indagine Salvatore Giacobbe rappresenta, in particolare, «la dimostrazione plastica della indissolubilità del vincolo associativo mafioso che non teme alcun pericolo in conseguenza neanche della carcerazione» e nel caso di specie «emerge la chiara volontà del gruppo criminale di ricostituirsi al giorno uno della stessa scarcerazione» del principale arrestato che dietro le sbarre «ha volutamente conservato e rafforzato la sua fama di mafioso», carcere dove «ha addirittura conferito doti ad altri detenuti».
Subito dopo la sua scarcerazione, mentre era ancora in sorveglianza speciale, ha avuto «l'ardire di scegliere come suo luogo di dimora il comune di Milano, individuato con ogni verosimiglianza, non certo a caso ma con il preciso intento di potersi ivi muovere con più facilità rispetto al piccolo centro di provenienza e di espandere la sua organizzazione criminale verso settori ancor più redditizi, avvalendosi proprio della natura mafiosa dell'associazione» scrive il gip.
Salvatore Giacobbe, scarcerato nel 2012 dopo la sentenza della corte d'Appello di Milano dell'aprile del 2002 (per i reati di associazione a delinquere, estorsione, violazione della normativa in materia di armi), «ha ripreso a delinquere» già due anni dopo (come da sentenza del tribunale di Como). Per il gip è «del tutto evidente, che le plurime e gravi vicende giudiziarie vissute non hanno avuto su di lui alcun effetto e significative sono le modalità con le quali, nel corso delle indagini, ha sistematicamente violato le prescrizioni legate alla misura di prevenzione cui era sottoposto».
Il resto della famiglia non è da meno: il figlio Angelino, nonostante la giovane età, ha «un curriculum criminale di spessore inaugurato al Tribunale dei minorenni» e l'altro, Vincenzo, «è recidivo» confermando, con il proprio casellario giudiziale, «la fiducia in lui riposta dal padre Salvatore».
’Ndrangheta a Milano, i nomi delle persone arrestate
Salvatore Giacobbe, 72 anni, nato a Gioia Tauro;
Domenico Aquilino, 66 anni, nato a Cardeto;
Roberto Cagliani, 57 anni, nato a Merate;
Walter Cantoni, 65 anni, nato a Milano;
Agostino Cappellaccio, 39 anni, nato a Gioia Tauro;
Giovanni Caridi, 46 anni, nato a Torino;
Angelino Giacobbe, 44 anni, nato a Melzo;
Vincenzo Giacobbe, 45 anni, nato a Melzo;
Davide Lorenzo Leone, 44 anni, nato a Milano;
Giuseppe Longo, 50 anni, nato a Palermo;
Marco Mecca, 32 anni, nato a Treviglio;
Livio Pintus, 45 anni, nato ad Angera;
Girolamo Piromalli, 44 anni, nato a Gioia Tauro;
Alessandro Solano, 46 anni, nato a Vibo Valentia.