Il gruppo avrebbe tentato di acquisirne un paio con minacce e danneggiamenti, ma uno dei proprietari era protetto da Luigi Mancuso
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Gli interessi illeciti non si perseguono solamente. Si coltivano anche. Una formula che nel caso della locale di ‘ndrangheta di Zungri trova applicazione letterale. È in tale contesto che si inserisce l’assalto lanciato dal clan, fra il 2016 e il 2019, a due grossi uliveti ubicati nella zona di Briatico. L’interesse, ovviamente, era quello di lucrare sull’indotto generato dalla successiva produzione e rivendita di olio. I dettagli emergono dall’inchiesta eseguita questa mattina e che ha portato al fermo di 61 persone, 33 già in carcere per altri reati, e 161 indagati.
Maestrale-Carthago | Estorsioni alle coop della Cipolla di Tropea, appalti e concorsi truccati: le accuse di Gratteri ai 167 indagati nel Vibonese
Il primo affare sarebbe andato in porto, preceduto da minacce e intimidazioni consistite anche nell’incendio di alcune piante, circostanze che avrebbero indotto una grossa ditta lombarda, proprietaria del terreno, a cedere alle richieste estorsive.
Diversamente, non va a buon fine il tentativo, operato sempre nello stesso periodo di accaparrarsi il secondo uliveto, di proprietà di una società agricola di Vibo Valentia. In quel caso, il titolare decide non cedere al ricatto, ma per ragioni tutt’altro che nobili. A chi lo invita a «mettersi a posto», infatti, oppone una motivazione inscalfibile: gode già della “protezione” di Luigi Mancuso. E tanto basta per rimettere le cose a posto.
Con riferimento a questi due episodi sono indagati quello che è ritenuto il capo della locale di Zungri, Giuseppe Antonio Accorinti, Nicola Fusca e il referente della ‘ndrina di Cessaniti, Francesco Barbieri. Le accuse mosse nei loro confronti sono quelle di estorsione e danneggiamenti aggravate dalle finalità mafiose.