Marco Petrini collabora e potrebbe aprire il vaso di Pandora, per anni rimasto sigillato, che ha celato chissà quanti episodi di corruzione e mercimonio negli uffici giudiziari di Catanzaro. Dopo il suo arresto, che ha segnato la svolta nell’inchiesta istruita dal procuratore aggiunto di Salerno Luca Masini, non solo l’ammissione delle sue responsabilità di fronte alle contestazioni mosse a suo carico, ma anche nuove rivelazioni – tutte allo stato coperte dal segreto, che potrebbero allargare in maniera decisiva lo spettro delle indagini.

Al vaglio della Guardia di finanza anche una mole di atti giudiziari acquisita sia durante le indagini, sia contestualmente all’esecuzione dell’arresto dell’ex presidente di Sezione della Corte d’appello di Catanzaro, sia dopo. Sentenze su processi di secondo grado, su procedimenti di carattere patrimoniale, ma anche di tipo tributario. Peraltro, con gli inquirenti campani, collabora anche un altro indagato chiave, ovvero il collettore delle mazzette che mafiosi come Antonio Saraco o politici chiacchierati come Pino Tursi Prato, avrebbero indirizzato al giudice Petrini: si tratta di Emilio “Mario” Santoro, il medico – ex colletto bianco bianco dell’Asp di Cosenza – che potrebbe offrire un riscontro formidabile alle rivelazioni di Petrini.

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Tutto ciò mentre al vaglio della Procura di Salerno, competente per le indagini che riguardano i magistrati del distretto di Catanzaro, restano anche le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Andrea Mantella, l’ex padrino emergente, la cui attendibilità è stata sin qui più volte riscontrata in altre indagini, che ha gettato ombre su più giudici definiti avvicinabili e su più avvocati.