VIDEO | Il procuratore di Catanzaro in conferenza stampa descrive le dinamiche del feroce delitto e il dolore della famiglia del ragazzo: «La madre è venuta più volte in Procura, le abbiamo sempre detto di avere pazienza». Coinvolto nel fatto di sangue, anche il fratello dell'arrestato, attualmente in carcere
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Delineano un quadro chiaro quanto terribile le parole del procuratore Nicola Gratteri intervenuto in conferenza stampa a Vibo Valentia sul giallo della scomparsa del giovane Francesco Vangeli. Le indagini, avviate subito dopo la sparizione del ragazzo di Scalise di Filandari, nel Vibonese, hanno condotto ad un arresto. In carcere è finito Antonio Prostamo, 30 anni di San Giovanni di Mileto, nipote dei boss Nazzareno Prostamo, ergastolano, e Giuseppe, assassinato il 4 giugno 2011, ovvero gli storici capiclan di San Giovanni di Mileto. Il 30enne, nello specifico, avrebbe avuto un flirt con la fidanzata di Francesco Vangeli in una fase di crisi della coppia.
«Ucciso in maniera atroce»
Ma è il procuratore di Catanzaro a snocciolare le dinamiche del delitto: «È stato ucciso un ragazzo ed è stato ucciso per motivi abietti e in maniera atroce. Non è morto subito ma è stato chiuso morente in un sacco e gettato nel fiume», ha evidenziato. Quindi la svolta nelle indagini: «C'era il concreto pericolo di fuga dell’indagato, da qui la necessità di intervenire con questa tempistica. Indagine completa rafforzata da solidi elementi probatori». Gratteri ha poi commentato i momenti di grande dolore vissuti dalla famiglia di Francesco: «La madre è venuta più volte in Procura e dai Carabinieri, a lei abbiamo sempre detto di avere pazienza e fiducia nel nostro operato».
Francesco attirato con l’inganno
Altri dettagli sono stati forniti dal tenente Luca Domizi, comandante del Nucleo operativo e radiomobile di Vibo Valentia: «Vangeli è stato attirato con un tranello a casa dei Prostamo per la realizzazione di un tavolino in ferro battuto. Situazione degenerata quasi subito con il ragazzo attinto da colpi di fucile. Quindi chiuso in un sacco nero agonizzante e gettato nel Mesima e da lì disperso in mare». L’arma del delitto non è stata ancora ritrovata ma si attendono: «ulteriori sviluppi per assicurare alla giustizia complici del delitto».
La ragazza non ha collaborato alle indagini
All'origine del fatto di sangue, una ragazza pretesa da Prostamo per dimostrare la propria superiorità sulla comunità e marcare il territorio. La giovane, come riferito dagli inquirenti, non ha collaborato alle indagini, e Gratteri ha più volte parlato di “atteggiamento omertoso”. Tornando ai motivi dell’omicidio «anche debiti di droga non pagati e la sottrazione di un'arma in provincia di Pisa da parte di Vangeli e mai più restituita».
Il coinvolgimento del fratello
Il provvedimento di fermo arriva al termine di articolate indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro diretta dal procuratore Gratteri e, oltre a colpire il 30enne di San Giovanni di Mileto, coinvolge quale corresponsabile a pari titolo dell’omicidio anche il fratello di quest’ultimo, Giuseppe Prostamo, 35 anni, attualmente detenuto nella casa circondariale di Vibo dopo essere stato arrestato nel maggio scorso per essere stato trovato in possesso di un’arma clandestina con tanto di relativo munizionamento. Adesso deve rispondere anche di omicidio aggravato dal metodo mafioso, minacce e porto abusivo d’arma da fuoco oltreché di distruzione di cadavere. Le attività tecniche svolte dai militari dell’Arma hanno permesso di ricostruire nel dettaglio l’intera vicenda. L’arma utilizzata per il delitto era dunque un fucile occultato all’interno di un pozzo artesiano nei paraggi del fiume Mesima.
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