Solo una l'assoluzione invocata nell'ambito del processo Gambling in Appello. Alla sbarra anche il pentito Mario Gennaro, ritenuto al vertice della struttura criminale, che per conto della 'ndrangheta gestiva il sistema delle scommesse a Malta e in altri paradisi fiscali
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29 condanne da confermare e un’assoluzione: questo è quanto ha invocato, durante la propria requisitoria il pg Stefano Musolino alla Corte d’Appello di Reggio Calabria per gli imputati, del troncone abbreviato scaturito dall’inchiesta “Gambling”. Un’inchiesta della Dda dello Stretto, scattata nel 2015, e che ha visto finire una trentina di persone, sia in carcere che ai domiciliari, accusate a vario titolo di aver gestito un giro di scommesse online dall'Italia verso l'estero e di rappresentare gli interessi nel settore della 'ndrangheta, nonché di una serie di reati come l’ intestazione fittizia di beni, associazione per delinquere e associazione mafiosa.
In primo grado furono comminati circa due secoli di carcere dal gup Antonino Laganà. Solo sei furono gli assolti. Per l’accusa queste condanne vanno riconfermate in toto ad eccezione di una posizione, ossia quella di Antonietta Gatto. La donna era stata condanna a 4 anni e 8 mesi di reclusione e nei suoi confronti il pg Musolino ha chiesto, sposando la tesi difensiva dell’avvocato Natale Polimeni, l’assoluzione. Tra gli imputati c’è anche Mario Gennaro, condannato dal gup a quattro anni di carcere, il quale dopo essere stato arrestato ha deciso di collaborare con la giustizia. Un “pentimento” importante per l’Antimafia che lo considerava al vertice della struttura criminale. Gravitante nella cosca Tegano, egemone alla periferia nord di Reggio Calabria, Gennaro avrebbe messo in piedi, proprio per conto della ‘ndrangheta un’organizzazione la quale si è servita di società estere di diritto maltese per esercitare abusivamente l’attività di gioco e delle scommesse in Italia. “Il signore del poker” dopo essere entrato a pieno titolo nelle 'ndrine, avrebbe iniziato la sua scalata imprenditoriale che non toccò solo la Calabria, ma si estese a Malta, passando per Romania, Montenegro e toccando altri paradisi fiscali. Anche per lui l’accusa ha invocato la conferma della condanna inflitta in primo grado. Così come per Giovanni Ficara, ritenuto uno dei boss più influenti della zona sud, per Terenzio Minniti, Venerando Puntorieri e Cesare Oscar Ventura, tutti condannati dal gup a 12 anni di reclusione.
Le condanne inferte in primo grado
Francesco Maria Abramo 6 anni e 8 mesi
Alessia Alessi 4 anni
Vincenzo Alvaro 4 anni e 8 mesi
Emanuele Cotroneo 4 anni e 8 mesi
Giovani Ficara 12 anni
Luca Battista Gagni 4 anni e 8 mesi
Mario Gennaro 4 anni
Margherita S. Giudetti 6 anni
Antonio Lavilla 5 anni e 4 mesi
Giuseppe Lavilla 5 anni e 4 mesi
Maurizio Lavilla 5 anni e 4 mesi
Domenico Madeo 4 anni
Domenico Manti 6 anni
Terenzio Minniti 12 anni
Pietro Monterosso 6 anni
Dario Alfonso Montuori 4 anni
Vincenzo Nettuno 10 anni
Domenico Nucera 4 anni e 8 mesi
Francesco Pesce 8 anni
Venerando Puntorieri 12 anni
Francesco Ripepi 6 anni e 8 mesi
Rocco Ripepi 6 anni e 8 mesi
Paolo Sciumbata 6 anni
Paolo Serpa 4 anni 8 mesi
Fortunato Stracuzzi 6 anni
Annunziato Vadalà 2 anni
Cesare Oscar Ventura 12 anni
Pietro Verduci 4 anni e 8 mesi
Andrea Vianello 8 anni
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