In un verbale del 2018 il pentito Gennaro Pulice racconta il progetto della cosca Iannazzo per frenare gli affari dell’imprenditore di Catanzaro, attuale patron della squadra di calcio delle Aquile. «Le strade erano due: bloccare le concessioni in Comune o farlo fuori. Ma con lui c’erano sempre alcuni bambini…»
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Viene considerata una cosca imprenditrice quella dei Iannazzo di Lamezia Terme. Una delle prime a consolidare rapporti di affari con soggetti compiacenti e investire denaro, nell’attività edilizia e non solo. E la concorrenza non è vista di buon occhio in un territorio, come quello di Lamezia Terme, dove i clan dominanti preferiscono il regime di monopolio.
Lo racconta il collaboratore di giustizia Gennaro Pulice, che della consorteria Cannizzaro-Daponte-Iannazzo è stato fin da giovanissimo – prima di pentirsi nel 2015 – braccio armato e fedele consigliere, grazie anche a due lauree conseguite durante i periodi di detenzione.
Nel 2018 Pulice è stato interrogato dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Domenico Guarascio. È un dialogo molto vasto quello tra il collaboratore e il pm, spazia su tutte le conoscenze che Pulice ha avuto nel corso della sua carriera criminale.
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Si parla di Lamezia, dei suoi imprenditori, dei rapporti di do ut des con la cosca alla quale Pulice era affiliato. Si parla di affari e interessi della cosca, di amici e nemici dei Iannazzo-Cannizzaro-Daponte. Spunta fuori il nome dell'imprenditore Floriano Noto.
Pulice dice di conoscerlo ma «non personalmente». E racconta che, nei primi anni 2000, la sua cosca non vedeva di buon occhio il progetto dell’imprenditore catanzarese, oggi presidente del Catanzaro Calcio, di creare una cittadella commerciale in via del Progresso a Lamezia Terme. Gli interessi dei Iannazzo, afferma Pulice, erano concentrati su altre attività, ancora in fase progettuale.
E a quelle attività Noto avrebbe potuto sottrarre clientela e monopolio. «E quindi noi Iannazzo decidemmo: “Le strade da seguire sono due, andiamo al Comune con i tecnici e non gli facciamo dare le concessioni in modo che lui non possa aprire, se al Comune non funziona dobbiamo… dobbiamo uccidere questa persona”».
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Pulice racconta che l’incarico era stato anche assegnato e i sopralluoghi effettuati. «Sopralluogo proprio omicidiario?», chiede il pm. «Sì, certo, perché se non andava in porto una cosa non potevamo… era una questione importante e Bruno mi disse: “Io vado... questo qui non ha la scorta, ha un autista che gli guida la macchina…”». Una sola remora frenava il killer: il fatto che l’imprenditore fosse sempre insieme a dei bambini. «“Va bene – dice Pulice all’omicida designato – adesso vediamo se riusciamo tramite Comune, sennò poi…”».
Ad ogni modo la cittadella commerciale di Noto a Lamezia non è stata mai realizzata. Dopo innumerevoli contenziosi legali, a luglio 2022 si è tornato a parlare di creare il famoso “Borgo Antico” in via del Progresso. Forse non più un mega outlet ma qualcosa di diverso. Il progetto commerciale, che venne in effetti proposto, sollevò all’epoca un vero e proprio ginepraio, il Comune non diede il permesso a costruire e la società Icom di Noto si rivolse al Tar che si pronunciò a favore dell’imprenditore. Venne stabilito un risarcimento per 22 milioni di euro.
Il Comune ricorse al Consiglio di Stato che accolse l’istanza e annullò il risarcimento. Anche la Cassazione ha risparmiato all’ente di sborsare i 22 milioni. Poi nel 2017, la Icom ha presentato una nuova richiesta, legittimata dalla stessa sentenza del Consiglio di Stato. E due anni fa si è tornato a parlare di realizzare qualcosa in via del Progresso.