Esordio con gaffe per l’assessore e numero due della Giunta, Nino Spirlì. Reo confessa - c'è da riconoscere - e con pubblica retromarcia. A poche ore dall’infelice uscita sugli immigrati tenuti a rispettare le prescrizioni, pena l’arrivo dell’esercito, e dell’inferocita replica delle associazioni che lavorano nella Piana, Spirlì ha fatto un passo indietro.

 

«Ci tengo a precisare che evidentemente quanto da me dichiarato è stato forse frainteso. Non si voleva additare i braccianti come untori bensì evidenziare il problema anche per la tutela della loro salute» scrive alla nostra redazione, per rispondere a associazioni come Medici per i diritti umani, Mediterranean hope, Sanità di frontiera, Csc Nuvola rossa e Co.S.Mi., che hanno denunciato come sia impossibile limitare i contatti o anche lavarsi spesso le mani in tendopoli e ghetti in cui si vive assembrati non per scelta ma per condizione e dove, per di più, non c’è neanche acqua corrente.

 

Situazione – hanno fatto sapere medici, sindacalisti e volontari – di cui la Prefettura era al corrente e sulla quale è stata più volte invitata a intervenire. «Dispiace e inquieta venire a conoscenza che il ministro Lamorgese fosse informata e se ne sia disinteressata – fa sapere Spirlì, sorvolando sulle ruspe mandate in zona dal suo Capitano, senza immaginare alternative soluzioni per chi viveva nel ghetto buttato giù. Ma promette «sarà nostra cura, essendo titolari delle deleghe di legalità e sicurezza a livello regionale, occuparci del problema quanto prima e sentire i medici e Prefetto per risolverlo al più presto. La dignità delle vite umane per noi ha valore inestimabile».