Con una delibera approvata all’unanimità, la prima commissione del Consiglio Superiore della Magistratura ha disposto l’archiviazione del procedimento avviato a seguito della nota del 26 novembre 2024 a firma della presidente della Corte d’Appello di Catanzaro, Concettina Epifanio. La segnalazione riguardava il comportamento della togata Paola Lucente, presidente della sezione Corte d’Assise del Tribunale di Cosenza, in merito alla destinazione di aule per la celebrazione di maxiprocessi. Nel caso di specie, si parla del procedimento Reset e dell’imminente processo Recovery.

Il tema del "nomadismo giudiziario"

All’origine della questione, una missiva inviata dalla presidente Lucente il 12 novembre 2024, indirizzata non solo alla Corte d’Appello e al Tribunale di Cosenza, ma anche al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati e alla Camera Penale di Cosenza. Nella lettera, che la nostra testata a suo tempo aveva pubblicato, la giudice Paola Lucente aveva espresso condivisione per effettuare i lavori di adeguamento dell’aula 1 della Corte d’Assise in vista della celebrazione del processo Reset, ma segnalava al tempo stesso la necessità di dotare anche le aule 9 e 16 di idonee attrezzature, evidenziando come il Tribunale di Cosenza disponesse di spazi adatti a evitare «trasferte dispendiose».

La nota della presidente Concettina Epifanio

Le dichiarazioni contenute nella nota sono state riprese da una comunicazione della Camera Penale di Cosenza, che ne ha sottolineato pubblicamente il contenuto in una conferenza stampa e in una nota stampa, criticando la scelta di celebrare il processo presso l’aula bunker di Castrovillari. La presidente della Corte d’Appello di Catanzaro Concettina Epifanio, ritenendo inopportuna l’esternazione pubblica della collega, ha trasmesso gli atti al Csm, al ministro della Giustizia, Carlo Nordio e al procuratore generale della Cassazione, Pietro Gaeta. La presidente Epifanio, inoltre, aveva sollevato anche il tema del mancato rispetto delle vie gerarchiche.

Csm, la difesa di Paola Lucente

La presidente Paola Lucente, in una relazione allegata alla risposta dell'allora Presidente facente funzioni del Tribunale di Cosenza, ha chiarito di aver appreso del sopralluogo presso l’aula 1 da fonti interne al Palazzo di Giustizia e di aver inteso fornire un contributo collaborativo, privo di toni assertivi, richiamando la sua esperienza nei precedenti maxi-processi celebrati a Cosenza. Sempre la presidente Paola Lucente, ha espresso rammarico «per la strumentalizzazione operata dalla classe forense per sostenere richieste di rinvio delle udienze».

Secondo la prima commissione del Csm, la vicenda riguarda «la dinamica comunicativa di auspicabile coordinamento tra uffici diversi dello stesso distretto», e non sussistono elementi tali da integrare un’incompatibilità ai sensi dell’art. 2, comma 2, del R.D. legislativo 511/1946.

Tra azione disciplinare e delibera del Plenum

Nessun profilo riconducibile alla «compromissione della serenità di giudizio» della magistrata Paola Lucente, né ostacolo all’esercizio delle sue funzioni con imparzialità e indipendenza. Pertanto, la prima commissione del Consiglio Superiore della Magistratura ha deliberato l’archiviazione del procedimento, ritenendo che i fatti segnalati - seppur oggetto di attenzione mediatica e sottoposti all’azione disciplinare - non siano rilevanti per giustificare un trasferimento d’ufficio. L'ultima parola, tuttavia, spetterà al Plenum del Csm, nella seduta del prossimo 16 aprile.