Sotto la lente della Direzione distrettuale antimafia le procedure di affidamento e gestione di un servizio che alimenta un business appetibile dietro al quale potrebbero celarsi interessi sospetti
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C’è un business che interessa alla ‘ndrangheta, dopo gli interventi che si fanno a seguito degli incidenti stradali? A Vibo Valentia è una delle domande che tutti si fanno, dopo il blitz al Comune della Guardia di finanza per l’inchiesta condotta dalla Dda di Catanzaro. “Affidamento in convenzione del servizio di pulizia delle strade in caso di sinistri stradali”: a dire il vero è come al solito fredda e stringata la riga che il decreto di acquisizione degli atti dedica a quest’altra procedura attenzionata, ma nei documenti richiesti potrebbe nascondersi un modus operandi degli uffici nient’affatto circoscritto e asettico, un metodo usato anche nelle altre procedure sospette.
Delibere di giunta, scambio di mail certificate tra ditte e Municipio, accordi stipulati – in questo caso firmati dal dirigente Filippo Nesci su autorizzazione dell’esecutivo Costa – che sono ora in visione della Guardia di finanza che, dall’impressione che se ne ricava, avrebbe un quadro preciso sull’iter già prima del blitz del 28 ottobre. Al vaglio ci sono la legittimità delle procedure radicate per richiedere, da parte del Comune, l’intervento di imprese specializzate nella pulitura del manto stradale dopo ogni incidente, il possesso o meno delle autorizzazioni di legge per poter smaltire il lascito inquinante degli impatti che le auto subiscono, ma soprattutto il profilo personale ed eventuali cointeressenze o contiguità con la criminalità organizzata dei gestori del servizio.
Gli investigatori sembrano partire da alcune consolidate certezze circa le attività della burocrazia comunale, presa visione di una delibera di Giunta (la n° 262 del 2 ottobre 2017) con cui l’organo assegna l’indirizzo, ovvero “autorizza – si legge nell’atto – il comandante della Polizia municipale alla stipula della convenzione (…)”. Formula e schema soliti che conferiscono al dirigente il potere di firma negli impegni contrattuali che da lì a breve l’Ente dovrà sottoscrivere, e che però – nel caso del servizio di “ripristino delle condizioni di sicurezza e viabilità” dopo gli incidenti – non è al buio, ma è anzi agganciato ad almeno tre requisiti molto stringenti che le future scelte del comandante dovranno rispettare. Il servizio non dovrà essere assegnato “in esclusiva” ad un solo operatore, ovvero molteplici dovranno essere le ditte che possono beneficiare; la Convenzione per il futuro affidamento dovrà avere una durata di soli “3 anni”: tali paletti fissati dall’amministrazione Costa ben si comprendono, vista la volontà di non creare situazioni di privilegio che a lungo andare possono provocare la tentazione di un abuso e di nuove clientele. Ma vi è un terzo requisito che la Giunta dettaglia, ed è soprattutto su questo che i finanzieri – acquisite le Convenzioni conseguenti alla delibera – hanno appuntato la loro attenzione: le ditte che opereranno dovranno fare in modo di rimuovere “dalla piattaforma stradale – si legge nella delibera di indirizzo – liquidi inquinanti, residui solidi non biodegradabili e altri materiali” che costituiscono “pericolo per la fluidità del traffico, per l’ambiente o la salute pubblica”.
Un mandato politico-sociale-economico molto preciso, che dunque fa pretendere al Comune che gli atti successivi in capo al dirigente Nesci siano ispirati dall’interesse pubblico, certamente possibile solo con una valutazione del mercato nazionale scevra da condizionamenti, l’afflusso al Comune di una serie di richieste di adesione da poter evadere solo previa analisi delle caratteristiche e delle autorizzazioni di ciascuna azienda o gruppo di aziende. E in effetti il comandante Nesci allarga il servizio firmando 3 convenzioni con aziende nazionali diverse: la milanese “Sicurezza e Ambiente”, la marchigiana “MpM”, e la “Pronto Strade” che ha sede a Roma.
I finanzieri stanno ora accertando la successiva modalità di esecuzione di un servizio che, essendo a costi e ricavi economici zero per il Comune – poiché chi interviene dopo un incidente viene pagato con i crediti che l’ente gli gira dopo aver ottenuto il risarcimento danni dalle compagnie assicurative -, può nascondere delle forme di business molto appetibili, come dire interessi che se anche sono distanti dalla pubblica amministrazione certamente potrebbero finire con l’alimentare morbosi rapporti tra privati e uffici, con una “gara” ad accaparrarsi il sinistro su chiamata dei vigili urbani. Infatti, da quel che risulterebbe agli investigatori, su tre aziende convenzionate con il Comune, solo due avrebbero lavorato in questi anni negli incidenti con lucro, mentre la terza impresa, la MpM – esclusa dalla torta più grande – sarebbe stata chiamata un paio di volte solo per fare pulizia dopo sinistri cosiddetti “anonimi”, ovvero quelli che lasciano detriti oppure oli sulla strada, senza che si possa risalire ai mezzi coinvolti e alle assicurazioni che il Comune dovrà chiamare in causa.
Dunque, sarebbe principalmente il criterio di rotazione tra operatori al vaglio degli inquirenti – per verificare cioè, se ferme restando le 3 convenzioni firmate, vi siano stati dei favoritismi oppure no; parallelamente, però, parecchia attenzione i finanzieri starebbero dedicando agli operatori locali a cui le ditte nazionali convenzionate “girano il lavoro”, quando sono chiamate a intervenire. In questo senso, anche da una semplice navigazione su internet – accedendo al sito del ministero dell’Ambiente e aprendo la sezione dedicata all’Albo nazionale gestori ambientali – si scopre che una delle due ditte locali a cui si affidano i gruppi nazionali concessionari del servizio per conto del Comune, non è iscritta a tale elenco: si tratta della “Figliano soccorso stradale di Figliano Natale”, con sede a Sant’Onofrio, che opera per conto della romana “Pronto Strade”.
Uno dei dilemmi preponderanti a cui stanno rispondendo gli investigatori in queste ore, dunque, riguarderebbe l’operatività del servizio perché può sempre darsi che la ditta non iscritta coinvolga a sua volta imprese del Vibonese che, invece, figurano nell’Albo (circostanza che darebbe vita a ulteriori costi da addebitare alle assicurazioni), oppure che esegua la ripulitura con mezzi “non speciali” (senza la cosiddetta “officina mobile” ad esempio) avendo anche l’incombenza di dimostrare ai finanzieri in quali condizioni opera il trasporto di rifiuti particolarmente inquinanti, in quale sito li stocchi e dove poi li smaltisca. In questo senso le convenzioni firmate da Nesci e dai rappresentanti delle tre imprese nazionali parlano chiaro: per queste ultime è stabilito l’obbligo di essere “iscritte all’Albo gestori ambientali e al S.I.S.T.R.I per la gestione e tracciabilità del rifiuto”, mentre nessun riferimento è fatto alle società locali che lavorano su mandato del concessionario. Nell’accordo con l’ente, inoltre, non si fa nessuna menzione ai controlli che l’ente potrebbe fare per verificare le autorizzazioni delle imprese locali per eventuali subaffidamenti. Sul punto, la convenzione sembra molto generica stabilendo solo che l’esecutore dell’intervento dovrà attivare un “deposito temporaneo” dei rifiuti: il Comune aveva, o non aveva, il compito e il dovere anche di verificare se le aziende nazionali si affidano ad imprese locali in regola, visto che l’intervento chiama in causa delicate materie come lo smaltimento dei rifiuti?
Altro quesito su cui si stanno concentrando i finanzieri, infine, riguarda le modalità attraverso cui il dirigente Nesci ha selezionato le aziende che poi si sono convenzionate, capire cioè se andava fatta una gara, oppure una selezione pubblica. Nell’intesa stipulata, infatti, si fa menzione solo della delibera di Giunta come atto preparatorio e si scrive che la “società ha richiesto di effettuare il servizio”, intendendo dunque che l’ente ha vidimato le domande arrivate, senza che si capisca se l’offerta di un servizio comunque oneroso sia nata da una precedente ricerca di mercato, oppure se l’approccio con il Municipio sia stato curato dalle imprese nazionali o dalle società locali mandatarie. Tutti quesiti le cui risposte sono rinvenibili nelle carte che ora sono al vaglio degli investigatori. L’interrogativo dirimente che rimane in piedi nel dibattito, e anche questo potrebbe trovare risposte a breve, è: perché a indagare anche su questa procedura è la Direzione investigativa antimafia?