Parole dure, un elenco dei fatti emersi nell’accesso antimafia al Comune di Tropea. Per questo il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi ha chiesto e ottenuto dal Consiglio dei ministri lo scioglimento il 24 aprile scorso degli organi elettivi del Comune di Tropea per infiltrazioni mafiose. Al termine dell’accesso ispettivo, il 21 febbraio scorso il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica – integrato con la partecipazione del procuratore di Vibo e del procuratore facente funzioni della Dda di Catanzaro – hanno deliberato per lo scioglimento degli organi elettivi di Tropea dando atto della «sussistenza di concreti, univoci e rilevanti elementi del condizionamento dell’ente locale da parte della criminalità organizzata di tipo mafioso». Innanzitutto la relazione del prefetto di Vibo «pone in rilievo – evidenzia il ministro Piantedosi – il sostegno elettorale della cosca di ‘ndrangheta storicamente egemone sul territorio di Tropea» – ovvero il clan La Rosa, riconosciuto tale con diverse sentenze definitive – «al sindaco e alla sua lista in occasione del turno elettorale del 21 ottobre 2018».

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«A Tropea frequentazioni tra politici, tecnici e uomini del clan»

Ed ancora: «L’esame delle risultanze dell’operazione giudiziaria denominata Olimpo condotta dalla Dda di Catanzaro – evidenzia il ministro Piantedosi – e in particolare i contenuti di fonti tecniche di prova registrate nei giorni antecedenti la tornata elettorale attestano il sostegno prestato dalla locale cosca di ‘ndrangheta a colui che è stato eletto sindaco», cioè l’avvocato Giovanni Macrì espressione della lista “Forza Tropea”, compagine locale di Forza Italia. La relazione del ministro sottolinea poi che la «Commissione di indagine ha analiticamente esaminato il profilo dei singoli amministratori, ponendo in evidenza un’intricata rete di rapporti parentali e di assidue frequentazioni tra questi ultimi, componenti dell’apparato burocratico ed esponenti delle locali consorterie, sottolineando come tale stato di cose abbia condizionato l’attività amministrativa in favore di ambienti controindicati. In particolare per il sindaco, il vicesindaco e un assessore comunale sono posti in rilievo gli stretti legami per rapporti parentali e assidue frequentazioni intercorrenti con esponenti della locale criminalità organizzata, interessati anche da reati associativi».

La sottolineatura del ministro sugli incontri conviviali

Nella relazione di scioglimento, il ministro Piantedosi cita quindi «le immagini pubblicate da un sito di notizie online che documentano dettagliatamente la vicinanza e la convivialità di tali rapporti e gli stretti legami intercorrenti tra la moglie del maggiorente della cosca, la madre di un assessore e la moglie del sindaco, nonché la moglie di un appartenente alla citata cosca, pure lui rinviato a giudizio per associazione mafiosa». Il riferimento è all’inchiesta de Il Vibonese.it pubblicata il 19 ottobre 2023 dal titolo Tropea: la moglie del boss a compleanni e cene insieme alla consorte del sindaco” che dava conto della presenza di Tomasina Certo (ora rinviata a giudizio nell’operazione Olimpo), moglie del boss Tonino La Rosa, al compleanno della moglie del sindaco Giovanni Macrì, in compagnia anche della madre dell’assessore Greta Trecate e della compagna del pluripregiudicato Domenico Polito (condannato a 18 anni di carcere nel maxiprocesso Rinascita Scott). Venivano poi documentati nella stessa inchiesta giornalistica anche altri incontri e cene.

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L’Audi A6 sequestrata al boss e finita al sindaco di Tropea

«Ulteriore vicenda – sottolinea il ministro – comprovante la sussistenza di rapporti e frequentazioni tra il sindaco ed esponenti della criminalità organizzata è quella concernente l’acquisto da parte del sindaco di un autoveicolo – formalmente intestato alla suocera di due esponenti apicali della locale criminalità organizzata – oggetto di misure patrimoniali da parte dell’autorità giudiziaria. Tale vicenda per il prefetto rappresenta un sintomo evidente dell’assoluta vicinanza del sindaco di Tropea agli ambienti della criminalità organizzata, sottolineando che nessun amministratore locale, o aspirante tale, che impronti il proprio operato a principi di integrità porrebbe in essere rapporti commerciali con individui controindicati, fornendo evidente appoggio agli stessi al fine di evitare l’applicazione di misure patrimoniali disposte in loro danno». Nel caso di specie si tratta di una Audi A6 sottoposta a sequestro e poi a confisca in conseguenza di un provvedimento del Tribunale di Vibo del 2007 in danno del boss Antonio La Rosa, a capo dell’omonimo clan di Tropea. Continua a leggere sul Vibonese.it.