La seconda puntata del format in onda su LaC Tv Mammasantissima fotografa l’assetto attuale dei clan di ‘ndrangheta nella città dei Bruzi per come documentato dall’ultima imponente indagine antimafia del settembre 2022
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La storia della malavita cosentina è un po’ come la moda: passa, ma poi ritorna. Stagioni di pace si alternano a quelle di lotta, epoche criminali si aprono e chiudono in tempi più o meni brevi, seguendo sempre lo stesso schema: i gruppi si formano, entrano in conflitto tra loro, si dividono e poi si riuniscono in nome degli affari. Le alleanze, però, si rivelano sempre troppo fragili per durare. E così il ciclo riparte dal principio.
La seconda puntata di Mammasantissima punta i riflettori sull’inchiesta della Dda di Catanzaro – nome in codice “Reset” o “Sistema Cosenza” - che il primo settembre del 2022 ha fotografato l’assetto attuale raggiunto dalle cosche nella città dei Bruzi e nell’hinterland. Un’operazione antimafia, a queste latitudini, mancava dal 2014, e i risultati si sono visti. Le indagini, infatti, hanno dimostrato come in poco meno di un decennio, i clan si fossero riorganizzati alla grande, crescendo sia in numero che in potenza economica.
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Alcuni nomi dei protagonisti di questa rinascita criminale sono già noti alle cronache -Francesco Patitucci e Michele Di Puppo – altri, come Roberto Porcaro e la famiglia Abbruzzese “Banana” rappresentano il nuovo corso. Le attività sono quelle di sempre: estorsioni, usure, danneggiamenti e intimidazioni, pestaggi, droga che scorre a fiumi e, dulcis in fundo, il business della vigilanza nei locali notturni e in occasione di grandi eventi.
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Attraverso volti, voci e immagini evocative, la puntata di Mammasantissima ripercorre un po’ tutti i temi della grande inchiesta antimafia. L’idea degli inquirenti, ancora in attesa di trovare conferma nei processi, è che i sette gruppi che formano la confederazione criminale cosentina si fossero letteralmente spartiti l’area urbana, al punto che dai negozi d’abbigliamento ai titolari dei bar, passando per agriturismi, ditte di traporti o di costruzioni, nessuno o quasi poteva sfuggire alla richiesta del racketeer di turno.
Uno spazio importato è riservato al clan dei nomadi, che nel Cosentino trova una dimensione altrove negatale. È un gruppo che procede a ranghi serrati perché unito dal vincolo etnico oltre che da quello familiare, ed è sempre stato centrale in tutte le dinamiche criminali dell’ultimo mezzo secolo. L’evento spartiacque, su cui la puntata di Mammasantissima accende un riflettore, è quello di novembre del 2000, quando il duplice omicidio Chiodo-Tucci pone fine all’ennesima alleanza tra zingari e italiani e segna anche l’ingresso in scena dei kalashnikov che dal quel momento diventeranno una sorta di tratto distintivo dell’azionismo di matrice nomade.
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È uno dei momenti in cui il “Sistema” sembra sull’orlo del collasso. Ne seguiranno altri tra arresti, condanne e pentimenti, ma come verificatosi altre volte in passato, troverà sempre il modo di rinascere dalle sue ceneri. Come la moda, dicevamo, e c’è chi tutto questo lo aveva previsto con largo anticipo. In tal senso, le parole pronunciate quasi trent’anni fa dal superboss pentito Franco Pino, suonano ancora oggi come un vaticinio: «Le bande sono sempre esistite a Cosenza: si sciolgono, si raggruppano, si sciolgono di nuovo. E poi tornano ancora insieme».