«Chiaro che prendersela con quella che chiamano bomba d'acqua è inaccettabile. Il problema non è la natura, la sua forza o le sue potenziali minacce. Il problema è gestire il “prima”. Cioè: adottare tutti gli strumenti posti a tutela dell'incolumità pubblica. In particolare, in luoghi così strutturalmente a rischio come sono le meravigliose gole del Pollino. Che, forse, in determinate condizioni, non dovrebbero essere accessibili» - dichiara intervistato da Repubblica, il procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla, che indaga sulle 10 morti.


Sul fatto che, con l'allerta di livello giallo, non dovevano esserci persone nella zona «non credo ci siano dubbi - afferma - È chiaro che se tu consenti le escursioni, in condizioni di allerta, a gruppi di persone e a bambini, in un camminamento tra rocce e torrente che negli snodi più impervi è largo al massimo cinque metri, e profondo 600 metri rispetto alle cime da cui può precipitare l'acqua, questo significa accompagnarli in una trappola mortale.
La Protezione civile, come da suo compito, lunedì ha rilevato il grado di allerta, e l'ha trasmessa agli uffici degli enti locali. Ora bisogna vedere - spiega - l'ente locale come ha tradotto quell'allerta: che cosa ha fatto scattare. Va ricostruita la sequenza delle decisioni assunte o non assunte, risalendo la catena delle funzioni e delle responsabilità istituzionali.
Io sono sceso, nell'immediatezza dell'allarme, verso il fondo delle gole: ebbene, non ci sono cartelloni, non c'è una tabellonistica idonea a segnalare la complessità del percorso e tutti i possibili rischi. Mentre, per paradosso, una scritta avverte che qualche capretta selvatica che pascola sulle cime potrebbe far rotolare giù delle pietre», conclude.

 

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