«Lasciare le celle aperte non c'entra nulla con la finalità rieducativa della pena. Al contrario, il fatto che fino a oggi non siano state seguite le regole, per rendere più aperta la detenzione, è un messaggio diseducativo ai detenuti. Una gestione allegra, a maglie larghe del carcere, in violazione dell'ordinamento penitenziario, è un incentivo alla non osservanza delle regole. Se chi è preposto al controllo non osserva le regole, è un pessimo educatore, dà un pessimo messaggio alla popolazione carceraria».

 

Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica a Catanzaro, in un'intervista a “Il Fatto” dice di essere d'accordo con il giro di vite del Dap per rendere più rigoroso il regime carcerario di alta sicurezza.

 

«Le rivolte sono state possibili anche perché le celle erano aperte, anche nei reparti di alta sicurezza. In questi sono reclusi non i capi, ma gli esecutori, che hanno una normale ammirazione nei confronti dei capi e sono garzoni e strumenti dei capi. Le rivolte nelle carceri sono state possibili e così devastanti proprio per le celle aperte e la promiscuità praticata negli istituti».

 

Per Gratteri «siamo ancora in un momento di confusione» nella gestione carceraria. «Ma vedo che qualche correzione si sta apportando. Io penso che la strada giusta sarebbe quella di porre, finalmente, il problema della nuova edilizia carceraria. È arrivato il momento di avviare la costruzione di nuove carceri. Nella fase post-coronavirus si stanno mettendo a disposizione molte risorse per l'economia, per le infrastrutture. Ci sono soldi che ieri non c'erano: ebbene, è questo il momento per costruire quattro nuove carceri in Italia, distribuite tra nord, centro e sud, per 20mila posti. Sarebbe la fine del sovraffollamento carcerario».