Disponeva di sei telefonini nel carcere di Siracusa Francesco La Rosa, alias U Bimbu, 54 anni, tratto in arresto con la maxi operazione Rinascita Scott il 19 dicembre 2019, detenuto al 41 bis dal luglio 2023 e considerato uno dei capi promotori della ‘ndrina di Tropea-Ricadi. Li adoperava, è l’accusa mossa con l’inchiesta Call Me, prevalentemente per parlare con la compagna Giuseppina Costa, 48 anni, e con la madre. Da febbraio ad agosto 2021 ha effettuato e ricevuto 914 telefonate, quasi tutte intraprese con la consorte.

Giuseppina Costa è stata tratta in arresto questa mattina con l’accusata di associazione mafiosa, tentata estorsione e di aver concorso con il marito nel comunicare illegalmente dal carcere.
In alcuni casi la donna sarebbe stata contattata da terze persone, come nel caso di Angelo Gagliardi e Giuseppe Maiuri – detenuti con La Rosa nel carcere di Vibo Valentia nel 2023, prima che questi, a luglio, venisse destinato al carcere duro – per ricevere le indicazioni del fidanzato.

L’accusa di associazione mafiosa

Giuseppina Costa viene ritenuta intranea all’organizzazione mafiosa, col compito di accompagnare La Rosa agli appuntamenti, farsi portavoce di messaggi e organizzargli gli incontri nel periodo in cui l’uomo si trovava in detenzione domiciliare. E, soprattutto, col compito di farsi postina delle sue lette e tramite dei suoi messaggi quando La Rosa stava in carcere.
È Giuseppina Costa, asserisce la Dda di Catanzaro, ad accompagnare il consorte, nel 2022, da un rivenditore di farmaci e cosmetici a Tropea per ribadire la doppia richiesta estorsiva: 50mila euro quale quota per la 'ndrina per i guadagni percepiti dalle attività dell’imprenditore durante la pandemia e l’assunzione della stessa Costa in una delle parafarmacie della vittima. Dal canto suo l’imprenditore, da un lato si sarebbe opposto alle richieste estorsive ma dall’altro avrebbe negato, con i militari della Guardia di finanza di Catanzaro, di avere ricevuto pressioni illecite.

In attività nonostante il carcere duro

In rapporti con La Rosa ci sono, dicono le indagini, un produttore d’olio e un ristoratore. Stando ai brogliacci dell’inchiesta era Giuseppina Costa a tenere in piedi i rapporti tra questi imprenditori e il compagno. Col carcere duro La Rosa perde la possibilità di parlare tramite cellulare ma sarebbe riuscito a comunicare col il ristoratore grazie ai messaggi veicolati dalla sua donna. Un ruolo ritenuto, dunque, essenziale, quello di Costa, per permettere a La Rosa di superare le barriere del 41bis.

È lei, sostiene anche il gip Gilda Danila Romano, a far sì che Francesco La Rosa conservi il rispetto di terze persone e mantenga vivi i contatti anche mentre si trova recluso. È lei che porta le sue lettere e lo informa su chi sta pagando il pizzo, aggiornandolo sull’ammontare delle cifre raccolte. Lei, allo stesso tempo, lamenta un allontanamento da parte dei sodali e poco dopo contatta il braccio destro di La Rosa.

La crisi e la denuncia

Nel 2022 La Rosa e Costa vanno in crisi. Lei lo denuncia per maltrattamenti ma racconta anche altro. Parla di dazioni illecite di denaro, dice che quando il fidanzato si trovava ai domiciliari in una clinica del Cosentino, lei lo accompagnava alle udienze e, durante questi spostamenti, lui manteneva i contatti con amici e sodali portando avanti anche iniziative illegali.
Spiega che lei non voleva essere assunta nella parafarmacia dell’imprenditore perché era un atto illecito e perché se avesse voluto avrebbe potuto chiederlo lei stessa visto che lo conosceva.
Poi, nel 2023, i rapporti tra i due si ricompongono e i militari della Guardia di finanza di Vibo Valentia registrano le conversazioni fra i due durante la detenzione.

Una famiglia per bene

Giuseppina Costa proviene da una famiglia per bene. Ha una madre che l’ha sempre incitata – raccontano le intercettazioni – a trovarsi un lavoro e a non vivere adagiandosi sui benefici degli affari del compagno. Quella relazione la madre non la tollera. Non accetta nulla da parte della figlia che possa provenire dai proventi illeciti di Francesco La Rosa, non apprezza affatto i regali che tutti fanno alla figlia perché è la compagna di un capo cosca.
Giuseppina Costa prosegue la propria relazione, diventa, dice il gip, uno strumento nelle mani del compagno il quale riesce, attraverso lei, a portare avanti i suoi affari e a mantenere la propria caratura criminale persino sotto il regime del carcere duro.