L’imprenditore Remo Florio, che nel corso dell’interrogatorio di garanzia ha professato la sua innocenza, allontanando qualsiasi tipo di coinvolgimento con associazione di stampo mafioso operanti a Rende, è stato arrestato dalla Dda di Catanzaro con l’accusa di concorso esterno. Un reato che viene contestato spesso e volentieri dai magistrati antimafia nei confronti di quei soggetti che, a loro dire, finanziano occultamente e illecitamente le cosche.

Sul concorso esterno in associazione mafiosa, però, c’è una lunga giurisprudenza che le procure in alcuni casi non tengono conto, o comunque sia, danno una lettura tutta di parte del principi da applicare al fatto-reato specifico. Eventi già accaduti anche di recente, con l’indagine, poi dimostratasi un flop, su Giorgio Ottavio Barbieri. 

Con Remo Florio possiamo dire che ci sono alcune analogie. Di sicuro, le richieste di denaro sarebbero di tipo estorsivo e continuate. Estorsive perché non si basano su alcuna istanza lavorativa che giustifichi il fatto che Remo Florio debba dare a Ivan Montualdista, soggetto già incontrato nel caso dell’avvocato Paolo Pisani, la somma di mille euro. A quale titolo? Remo Florio, avendo nell’orecchio un giorno sì e l’altro pure, che «vedi che Adolfo tra poco esce e ci dobbiamo incontrare per parlare di alcune cose», il senso delle parole espresse da Montualdista, sarebbe stato consapevole che di fronte non aveva un amico da aiutare, ma un elemento da cui guardarsi, che sfruttava altre conoscenze in Regione, per carpire i movimenti della Deejay service di Remo Florio, operante in diversi settori imprenditoriali, come lo spettacolo e il mondo dell’istruzione scolastica.

Ogni conversazione è finalizzata a sapere quando ci sarà il successivo pagamento e nel momento in cui Montualdista scopre che ci sarebbero 700mila euro fermi in Regione, da cui Florio potrebbe attingere, inizia ad innervosirsi. È anche giusto dire che Montualdista, non appariva nelle cronache giudiziarie da oltre dieci anni, ma evidentemente Remo Florio percepiva il tenore delle richieste. In attesa che D’Ambrosio uscisse dal carcere, periodo in cui Montualdista dice di aver aiutato la famiglia di Adolfo, il presunto “affarista” prospetta a Florio anche un possibile interessamento per il Palazzetto dello Sport di Rende, dicendo chiaramente che «Manna quando vede a noi ha paura…».

Poi in un’altra intercettazione, Montualdista afferma di avere fatto alcuni progetti con Remo Florio e Michele De Rose e sostiene di “avanzare soldi”. Quali siano questi progetti non si sa, soprattutto riferiti a un’attività imprenditoriale, quella di Remo Florio, che in un anno fatturava milioni di euro. Insomma, un’attività redditizia ed evidentemente appetibile per chi opera nel crimine.

Le indagini comunque non hanno intercettato alcun contatto tra Remo Florio e Adolfo D’Ambrosio, ma ritengono di primaria importanza investigativa la frase di Montualdista riferita all’imprenditore cosentino: «Vedi che ti vuole parlare Adolfo, è sempre con me no… è sempre con me in giro dentro Rende… ti deve parlare di alcuni progetti, di alcune cose, ci stanno dando praticamente il Palazzetto dello Sport, vabbè te lo dice lui».

Per la Dda di Catanzaro, quindi, Remo Florio “finanzia” il gruppo D’Ambrosio, con il quale avrebbe rapporti solidi, come si evincerebbe anche in un paragrafo di Vulpes dove Michele Di Stefano aveva riferito di dover saldare un debito di 50mila euro con la Dj Service di Remo Florio e che D’Ambrosio gli avrebbe detto che «vi erano altre situazioni da chiudere» e che alcuni «suoi amici, lo avevano incaricato di recuperare i crediti vantati dalla Dj Service». Remo Florio, difeso dall’avvocato Enzo Belvedere, presenterà ricorso al Tribunale del Riesame di Catanzaro per ottenere la scarcerazione, ritenendo di essere vittima di un errore giudiziario.