Si è rinnovata, ieri, la memoria necessaria ma difficile perché, a distanza di 33 anni ancora senza giustizia e verità, del giudice Antonino Scopelliti, ucciso in un agguato mafioso il 9 agosto 1991.

Anche quest’anno in località Piale, al confine tra i comuni di Villa San Giovanni e Campo Calabro, in questo giorno ha avuto luogo la commemorazione del giudice ucciso in questo tratto di strada che si affaccia sullo Stretto.

Alla presenza della figlia Rosanna, che anche quest’anno ha scelto il silenzio, della sua piccola Elena, delle autorità civili e militari e della sottosegretaria al ministero dell’Interno Wanda Ferro, deposte sulla stele in memoria tre corone di alloro a cura delle amministrazioni comunali di Villa San Giovanni e Campo Calabro, promotrici del momento di memoria, e della fondazione Antonino Scopelliti, presieduta dalla figlia Rosanna. 

Lo Stato non si arrende e continua a cercare

«È un dovere per lo Stato continuare a cercare la verità. E non è soltanto un tributo di memoria fine a sé stessa ma è una costruzione continua. Antonino Scopelliti è stato un uomo che ha saputo incarnare battaglie importanti contro la criminalità che ha rappresentato l’accusa in grandissimi processi. Ha rappresentato quello Stato che c'è ancora, anche se c'è una verità definitiva da trovare e che dobbiamo ai familiari, che dobbiamo la nostra Calabria, che dobbiamo alla nostra nazione. Un uomo - ha sottolineato la sottosegretaria Ferro - che aveva deciso da che parte stare, che maglietta indossare ed è questo l'esempio da consegnare ai giovani attraverso questo ricordo. Non servono scorciatoie, serve interpretare il coraggio di tanti uomini come Antonino Scopelliti.

Lo Stato non si arrende e continuerà a cercare la verità sull'omicidio. Resta vero quanto affermava Montesquieu: una giustizia che arriva tardi e non è proprio una vera giustizia. E tuttavia abbiamo il dovere di continuare rispetto anche ai tanti risultati che le forze dell’ordine e i magistrati hanno già conquistato. Penso alla cattura dei latitanti come Matteo Messina Denaro che abbiamo consegnato adesso alla giustizia divina, seppur non abbia avuto il coraggio di pentirsi e di collaborare a scrivere altre pagine di storia tra cui quella dell’omicidio del giudice Scopelliti». Così la sottosegretaria al ministero dell’Interno, Wanda Ferro.

 

Indagini doverose ma molto difficili

«Sicuramente siamo ancora al lavoro. È un'attività difficile perché si svolge a distanza di tantissimo tempo dal delitto però è un dovere verso il Paese e verso la famiglia, verso il collega che ha perso la vita barbaramente in questo territorio. L'impegno è massimo e tale resta, nonostante le grandissime difficoltà che sono proprie di un’indagine e di riscontro delle dichiarazioni che si sviluppa a tantissimi anni di distanza. Riscontri che non possono prescindere dall'arma che Avola descrisse come quella utilizzata per il delitto. Tutti gli accertamenti a 360° per confermare o smentire sono ancora in corso. Non ci fermiamo. È per noi tutti un dovere continuare a cercare la verità». Così il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri, prossimo a insediarsi alla procura di Torino. Continua a leggere su IlReggino.it