La Dda e la squadra mobile di Reggio hanno individuato l'esecutore materiale dell'omicidio avvenuto il 16 marzo scorso in cui morì la donna che si era appartata in auto con Demetrio Logiudice, ritenuto esponente dell'omonima cosca mafiosa. Il vero obiettivo del killer sarebbe stato lui - VIDEO
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Fatta luce sull'omicidio di Fortunata Fortugno, la donna uccisa a Gallico, periferia nord di Reggio Calabria, il 16 marzo scorso. "De Bello Gallico" è il nome dell'operazione condotta dalla Questura di Reggio Calabria e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia. Gli investigatori della squadra mobile hanno eseguito quattro fermi di indiziati di delitto con le accuse di omicidio, tentato omicidio pluriaggravato, associazione mafiosa, detenzione e porto in luogo pubblico di armi da fuoco clandestine danneggiamento aggravato, furto e detenzione illegale di di segni distintivi e oggetti in uso ai Corpi di Polizia, tutti reati aggravati dall'aver agevolato la 'ndrangheta.
L'indagine della Polizia di Sato avrebbe quindi consentito di individuare l'esecutore materiale dell'agguato in cui morì Fortunata Fortugno, la donna che fu uccisa con un colpo di pistola alla testa la sera del 16 marzo mentre era appartata in auto con Demetrio Logiudice, ritenuto vicino all'omonima famiglia mafiosa attiva nel quartiere di Santa Caterina. L'uomo, in passato era descritto dagli inquirenti come “personaggio di assoluto spessore criminale, a capo dell’omonima ‘ndrina federata al più potente cartello De Stefano-Tegano”.
Il vero obiettivo era Logiudice
L’inchiesta dimostra che il vero obiettivo del killer non era la donna assassinata ma l’uomo che stava con lei in macchina, Demetrio Logiudice, ritenuto vicino agli ambienti della potente clan Tegano che opera nella zona nord della città di Reggio Calabria, coinvolto in operazioni antimafia che in passato hanno colpito la suddetta cosca della ‘ndrangheta reggina. Eseeguite numerose perquisizioni locali e domiciliari.
Ricostruite le fasi dell’agguato
C’è voluto un faticoso lavoro di estrapolazione, studio e analisi delle immagini di una settantina di impianti di videosorveglianza pubblica e privata, prima che gli investigatori della sezione omicidi della Squadra Mobile di Reggio Calabria arrivassero ad individuare la macchina che il killer aveva utilizzato per raggiungere il luogo in cui si erano appartati i due amanti, effettuare un primo sopralluogo e successivamente porre in essere l’agguato in cui fu uccisa freddamente la donna e fu ferito gravemente l’uomo. Centinaia di ore di filmati passati sotto lente hanno permesso agli investigatori della Polizia di Stato di ricostruire le fasi dell’appuntamento delle vittime, del sopralluogo, dell’agguato e della fuga del killer, nonché della corsa verso l’ospedale del ferito a bordo della macchina, con la donna colpita a morte.
La base logistica
L’intenso monitoraggio dei soggetti indagati, disposto dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, ha permesso agli investigatori della Squadra Mobile di scoprire, alcuni giorni addietro, durante un servizio di perlustrazione notturna, in alcuni luoghi periferici di Gallico superiore, la base logistica del sodalizio, composta da un’esistente struttura in muratura, all’interno della quale i poliziotti reggini hanno rinvenuto e sequestrato una pistola semiautomatica calibro 7.65 mm, marca “J.P. Sauer&SohnSuhl”, modello “1913”, con matricola, completa di caricatore e 10 cartucce marca “G.F.L.” dello stesso calibro; un revolver, con tamburo a 6 camere di cartuccia, calibro 38 SP, privo di marca e matricola, completa di 6 cartucce marca "G.F.L." dello stesso calibro; quattro casacche [c.d. fratini o pettorine] in tessuto di colore blu, riportante su entrambi i lati la dicitura "Dia Direzione Investigativa Antimafia"; un giubbotto antiproiettile di colore blue, privo di qualsiasi contrassegno identificativo; tre passamontagna tipo “mefisto” e una batteria 12V 7Ah marca "Yamada" alla quale era applicato, con nastro adesivo isolante, un ricevitore marca “Atecnica” mod. D Multi 2 CH. Nel corso di precedenti perquisizioni, gli operatori della Squadra Mobile, avevano individuato e sequestrato anche alcuni motoveicoli che gli indagati - costituendo un gruppo di fuoco - avevano rubato per compiere azioni delittuose.
Fermato il genero di Mico Tripodo
Tra i soggetti fermati questa notte dalla Polizia di Stato di Reggio Calabria figura Ettore Corrado Bilardi, pericoloso pregiudicato che ha scontato lunghi anni di detenzione per omicidio, genero del boss storico della ‘ndrangheta reggina don Mico (Domenico) Tripodo, assassinato nel 1977 all’interno del carcere di Poggioreale a Napoli su mandato della cosca De Stefano; nonché cognato di Venanzio Tripodo, genero di Sebastiano Rome, patriarca della storica famiglia di ‘ndrangheta di San Luca (RC) intesa “I Stacchi”. Attraverso l’opera di mediazione del Bilardi, i membri del sodalizio di Gallico hanno stretto relazioni con esponenti di affermate e potenti cosche della ‘ndrangheta operanti nei mandamenti tirrenico e ionico della provincia di Reggio Calabria. Sussistendo la gravità indiaziaria in ordine ai delitti constestati e il concreto pericolo che potessero darsi alla fuga, sulla base delle emergenze investigative, la Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria ha disposto, in via d’urgenza, il fermo degli indagati, eseguito nella notte dagli investigatori della Squadra Mobile della Questura di Reggio Calabria.
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