Sorge spontaneo l’interrogativo che tento di sollevare in questo pezzo: chi poteva avere interesse a diffondere queste notizie riservate? A mio avviso, nessuno, dei due protagonisti della vicenda, Otello Lupacchini e il procuratore di Catanzaro, diversi nel profilo, ma entrambi considerati serissimi sul piano professionale. Qual è, dunque, l’obiettivo di una tale strategia? Forse qualcuno puntava ad un conflitto tale da creare un corto circuito e preparare il terreno di una serie di incompatibilità dei capi degli uffici a catena?
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La bufera mediatico giudiziaria esplosa questa mattina mi induce a sollevare degli interrogativi. Leggendo i resoconti fiume determinati dal doppio pezzo del Fatto quotidiano, ci sono aspetti che non solo mi lasciano perplesso, ma mi fanno sorgere pesanti dubbi. Mi chiedo: chi poteva avere interesse a sollevare questo polverone mediatico/giudiziario in questo momento? Non sono un cronista giudiziario e, anzi, per dirla tutta, i retroscena da sagrestia da Procura non mi interessano affatto. Da modesto opinionista di questa landa calabrese, ho però un vizio, che spesso mi viene imputato come colpa: rifletto, cerco di analizzare questioni e vicende. Per carità, nessuna tentazione complottistica che, ritengo, in questo paese e, in questa regione, abbia fatto danni almeno quanto le trame che, comunque, hanno attraversato il sottobosco politico/giudiziario della nostra terra.
Ricapitoliamo i fatti. Stamattina esce una notizia: l’inchiesta a carico di 15 magistrati della nostra regione e, contemporaneamente, sullo stesso giornale e a firma della stessa cronista, un retroscena, il presunto conflitto tra il PG di Catanzaro, Otello Lupacchini e il noto procuratore della Repubblica Nicola Gratteri. Entrambe le notizie dovevano essere assolutamente riservate, la prima coperta dal segreto istruttorio, la seconda secretata come da prassi perché avvenuta nel contesto della commissione disciplinare del Csm. Entrambe le vicende sono avvenute mesi fa. La notizia viene definita una bomba per gli effetti mediatici che scatena, anche se, in fondo, parliamo di vicende che sono di routine in qualsiasi ufficio giudiziario. Se la Procura viene a conoscenza di una notizia di reato che riguarda un magistrato del distretto, deve trasmettere gli atti alla Procura competente, in questo caso quella di Salerno. Sarà quella la Procura, infatti, che farà gli accertamenti sulla notizia di reato. Chiaramente, parliamo di magistrati in servizio e, dunque, gli accertamenti devono essere approfonditi e, soprattutto, riservati, oserei dire blindati, considerato la delicatezza degli uffici coinvolti, infatti, il rischio della delegittimazione è sempre dietro l’angolo.
La seconda vicenda è quella di un presunto scontro tra il procuratore generale della Corte d’Appello e il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro. Detta così può sembrare una vicenda eclatante. In realtà, tensioni, diversità di vedute di questo tipo sono all’ordine del giorno presso tutti i tribunali d’Italia. Conflitti che, prevalentemente, vengono risolti attraverso i canali istituzionali deputati a farlo. E, infatti, la vicenda avvenuta luglio era già stata bella e archiviata dal Csm, la Prima Commissione, infatti, si è già espressa all'unanimità per la chiusura della pratica. Secondo la commissione non ci sarebbero gli estremi per una procedura di trasferimento per incompatibilità dei due magistrati. In sostanza una storia chiusa. Dinamiche però che avrebbero dovuto rimanere secretate, e ciò, nell’interesse e per la tutela dell’immagine degli uffici giudiziari. Il paradosso è che, le due notizie, paradossalmente, sono due vicende assolutamente separate. Qualcuno, però, stamattina ha ritenuto di renderle pubbliche associandole.
Entrambi le notizie, infatti, se mescolate e sovrapposte come inevitabilmente accade nelle bufere mediatico - giudiziarie, possono avere un effetto destabilizzante. Ecco allora che sorge spontaneo l’interrogativo che tento di sollevare in questo pezzo: chi poteva avere interesse a diffondere queste notizie riservate? A mio avviso, nessuno, dei protagonisti della vicenda. Sia il dott. Otello Lupacchini che il dott. Nicola Gratteri, diversi nel profilo, ma entrambi considerati serissimi sul piano professionale, non potevano avere nessun interesse a diffondere la notizia dell’inchiesta di Salerno, e neanche i magistrati coinvolti, considerato che, sono in servizio e svolgono delicate funzioni che una tempesta del genere potrebbe mettere a rischio.
Qual è, dunque, l’obiettivo di una tale strategia? Forse qualcuno puntava ad un conflitto tale da creare un corto circuito e preparare il terreno di una serie di incompatibilità dei Capi degli uffici a catena? Asfaltare tutto e tutti per arrivare al vero obiettivo: Nicola Gratteri? Isolare il magistrato nel contesto giudiziario calabrese?
Interrogativi complessi e, forse difficilmente risolvibili. E, tuttavia, ritengo che il dovere di un cronista sia anche quello di stimolare qualche risposta. Azzardare qualche ipotesi. Delineare qualche teorema.
Al netto delle solite pippe dei garantisti di maniera o a senso unico, è indubbio che, le indagini di Nicola Gratteri, ma non solo quelle del procuratore di Catanzaro, ma anche di Reggio, Castrovillari o Paola stiano rompendo equilibri consolidati non solo nella ‘ndrangheta ma tra le connivenze e le coperture e nel sistema di potere calabrese. Equilibri consolidati. E, dunque, con un tale universo, si incrociano gli interessi di altri diversi sistemi che avrebbero buoni motivi per destabilizzare la magistratura calabrese. Provo a delinearne qualcuno. La burocrazia corrotta calabrese, uno dei grandi “poteri forti della Regione, da tempo non dorme sonni tranquilli e, in particolare, dal momento in cui il Procuratore di Catanzaro, in più occasioni pubbliche ha sostenuto che la sua guerra comprende anche quella alla degenerazione dell’alta burocrazia calabrese. E ancora, il sistema politico, l’immutabile e irredimibile sistema politico calabrese, il quale ormai vive consumando dosi massicce di ansiolitici nell’attesa e nel terrore che un finanziere, un carabiniere, un poliziotto possa suonare all’alba a casa di qualcuno dei protagonisti per contestargli i numerosi scheletri nell’armadio che si ritrova. E ancora gli esponenti dell’imprenditoria corrotta della regione, gli alti faccendieri che girano nei centri del business pubblico di questa terra come predatori. Ecco tutto questo universo di poteri economici e politici, i quali hanno come cornice le relazioni e le connivenze con l’associazione criminale più pericolosa al mondo, la ‘ndrangheta, potrebbe avere un grande interesse a destabilizzare tutta la magistratura calabrese per far saltare insieme ad essa il tassello più pesante e più pericoloso per loro: Nicola Gratteri.
La storia di questo paese e di questa regione ci insegna, che dietro queste manine che riescono a violare gli uffici più blindati come quelli della Procura o quelli del Csm, quasi sempre si nascondono la presenza e i movimenti invasivi della massoneria. Già, la massoneria: l’eterno problema che, spesso, anche la stampa affronta con la logica della toccata e fuga e, d’altronde, i fratelli massoni sono dappertutto, e cercano di condizionare tutto, anche il sistema dell’informazione. Non si dispiaccia il gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, Stefano Bisi, il quale, da anni cerca di accreditare l’idea della massoneria come una grande associazione culturale dedita prevalentemente agli studi. Purtroppo ci viene difficile credere a questa descrizione candida dei fratelli massoni, considerato che, la massoneria, in Italia, è fatta di decine e decine di logge e di migliaia di iscritti nel mondo della finanza, nella burocrazia, nella politica, nei servizi, nei corpi militari, e, purtroppo anche nella magistratura. I magistrati massoni sono un problema enorme che appare e scompare rapidamente dai rotocalchi mediatici. Fino a quando la magistratura non risolverà questo problema, purtroppo rappresenterà un vulnus per la magistratura sana. Ecco, nella vicenda di oggi, ci sorge il dubbio che dentro questa melassa indistinta di poteri più o meno forti, possa annidarsi la manina al servizio di tutto ciò, che offre veline alla stampa, che faccia da braccio operativo al fine di fomentare tempeste di fango, per neutralizzare inchieste, per alimentare polveroni mediatici, per stimolare guerre tra le istituzioni.
Pasquale Motta
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