VIDEO | Il Tar di Bari ferma il progetto predisposto da Rfi e Italferr per cause legate all’incompatibilità ambientale. Un precedente giudiziario che infonde ottimismo anche sul tirreno cosentino tra i componenti del Comitato “Santomarco”
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Sin dal principio in trincea per contrastare le modalità scelte per realizzare l’infrastruttura, ma non contrari all’istituzione dell’Alta velocità ferroviaria, i componenti del Comitato Santomarco hanno accolto con favore la decisione della terza sezione del Tar per la Puglia che, due giorni fa, ha bruscamente frenato l’iter per la costruzione di un tratto pianificato per lo snodo “Bari Sud”, rilevando criticità di carattere sociale ed ambientale che non possono essere bypassate solo perché è necessario usare i fondi del Pnrr.
In buona sostanza, il Tribunale amministrativo regionale di Bari, accogliendo parzialmente il ricorso presentato dal comitato di scopo “Le Vedette della Lama”, contro le decisioni assunte da Regione, Rfi ed Italferr, ha di fatto creato un precedente cui ora intendono appellarsi anche coloro che, in Calabria, e soprattutto sul tirreno cosentino, stanno opponendosi al progetto per il raddoppio del tunnel Santomarco. Il Tar pugliese ha sostanzialmente ridimensionato le prerogative di coloro che, forti dell’alibi offerto dal Pnrr, non avrebbero operato secondo gli standard legislativi e burocratici da rispettare quando ci sono di mezzo lavori capaci di stravolgere il territorio e l’ambiente.
Una teoria da sempre avanzata dai membri del comitato popolare “Santomarco”, che in virtù delle loro convinzioni sono stati tra i primi ad agire anche per le vie legali, facendosi assistere dall’avvocato Giacomo Sgobba, togato che figura tra coloro che in Puglia sono riusciti a convincere i giudici con il ricorso predisposto. Un sospiro di sollievo anche per i residenti della zona su cui presto dovrebbe essere allestito il cantiere per il raddoppio della galleria sotto al monte Luta, che per la prima volta da mesi intravvedono uno spiraglio per salvare case e terreni.
«È una vittoria della costituzione – ha affermato l’architetto Angelo Siciliano del comitato Santomarco – che non può essere piegata ai voleri delle imprese e di quanti, anche a livello amministrativo, volevano far credere che il Pnrr fosse una religione indiscutibile. Il Tar per la Puglia ha ristabilito i ruoli e le azioni da compiere, creando un precedente giuridico al quale sicuramente ci appelleremo per le nostre prossime battaglie. Ringrazio di cuore gli attivisti del comitato “Le vedette della Lama”, che insieme agli amici marchigiani, non hanno mai mancato di farci avere notizie e aggiornamenti sulla situazione. Un plauso – ha proseguito Siciliano – agli avvocati Giacomo Sgobba e Fabrizio Lofoco, che in tempi non sospetti, grazie soprattutto alla lungimiranza degli imprenditori del Camping Bahja, abbiamo fatto venire a Paola, incontrando il gradimento dell’amministrazione comunale e di parte della minoranza. Il risultato ottenuto a livello giuridico – ha concluso l’architetto – ci invoglia a proseguire lungo la strada che sinora abbiamo tracciato, certi che la costituzione mai potrà essere piegata agli interessi di chicchessia».
Anche Vittorio Crocicchio, presidente del comitato “Santomarco”, ha espresso viva soddisfazione per la sentenza, «un punto da cui partire – ha detto l’ex ferroviere in pensione – per rimettere al centro della discussione le esigenze reali del territorio. Qualcuno sostiene che noi siamo contro il progresso, contro l’alta velocità, ma non è così. Noi vogliamo un’alta velocità ferroviaria che sia congeniale alla Calabria, totalmente diversa da quella ipotizzata dai vertici di Rfi, che hanno preventivato otto miliardi di euro per un tracciato che, rispetto all’attuale, allunga il percorso di 50 km circa. Noi parliamo di velocizzare in modo serio la linea tirrenica, su cui già oggi si viaggia a circa 200 km orari, con interventi mirati che non servano a dare riscontri solo sulla carta. Pensare di cambiare il percorso per far viaggiare le merci a 250 km orari in curva, quando tutti sappiamo che i treni attrezzati per questo scopo non superano i 140 km orari – ha concluso Crocicchio – è un’amenità che non possiamo assolutamente avallare».
A proposito di curve e trafori, anche Raffaele Grassia – altro attivista del comitato “Santomarco” – ha voluto precisare alcune notizie diffuse nelle scorse settimane. «Secondo indiscrezioni riguardo i sopralluoghi effettuati da Rfi e Italferr – ha detto Grassia – pare che si possa scongiurare la presenza di amianto naturale nel tratto su cui dovrebbe essere compiuto il doppio traforo sotto al monte Luta. Così come si può escludere che gli operai chiamati all’intervento dovranno dotarsi di tute e scafandri per lavorare. Da quanto ci risulta, il lavoro più grosso verrà compiuto da macchinari (le cosiddette “talpe”, ndr) lunghi dai 30 ai 50 metri, dotati di sensori e apparecchiature in grado di stabilire la presenza di ogni sorta di agente preoccupante per la salute, nonché rilevare la presenza di gas e particelle metalliche o minerali nell’aria. Il personale addetto alla movimentazione di questi mezzi, non supererebbe le quindici unità – ha concluso l’attivista – che comunque non avrebbero contatti con l’esterno».