Protagonisti di questa giornata storica della memoria, ci siamo recati, accompagnati dalle nostre insegnanti a Ferramonti di Tarsia, dove resta una parte del più grande campo di internamento per ebrei stranieri d’Italia, costruito nel 1940 da Eugenio Parrilli, su ordine del regime fascista.


Nei giorni precedenti, a scuola avevamo già affrontato l’argomento e quindi sapevamo che cos’è un campo di deportazione e perché fosse stato costruito. La signora Simona Ciliberti, responsabile della gestione del campo d’internamento, ci ha accolti e guidati con professionalità e passione nella visita dello stesso, suscitando in noi forti emozioni.


Un viaggio nella memoria storica per ereditare una testimonianza che custodiremo nella mente e nel cuore, avendo capito quanto sia necessario costruire la pace e l’armonia fra le razze.


Gli ebrei hanno sofferto grandi pene e il loro grido di dolore attraversa il tempo e lo spazio per giungere fino a noi e incoraggiarci a scegliere sempre il bene. Non possiamo essere sordi, ignorare o dimenticare ciò che l’uomo è stato capace di fare a danno di altri uomini, suoi simili e diversi solo per razza, perché ebrei.


Ci ha colpito molto lo scritto sui manifesti dell’evento: “Erano studenti. Erano erranti. Erano ebrei.” Erano esseri umani, persone come noi eppure, sono stati perseguitati, imprigionati, privati della dignità e infine, molti di loro, internati in altri campi, soffocati dai gas e gettati in fosse comuni. Abbiamo ascoltato, nella sala convegni, la narrazione di storie individuali che ci hanno colpito , fatto riflettere e interrogare su cosa avremmo potuto fare noi, nel nostro piccolo, se fossimo vissuti in quel periodo. Per i valori che la scuola ci trasmette, avremmo certamente scelto il bene, ostacolando il male, anche a costo della vita. E’ questa la lezione che Ferramonti, pur essendo stato un campo di internamento a dimensione umana, ci trasmette oggi. Ciò che è stato non può e non deve più ripetersi.
La popolazione di Ferramonti, segno del buon cuore calabrese, cercò di migliorare le condizioni di vita degli ebrei, dando loro prodotti dei campi e quel che potevano. Gli stessi ebrei, essendo persone di cultura, offrivano le loro professioni per ringraziare, infatti i medici ebrei curavano gli ammalati locali; gli insegnanti di lingue impartivano lezioni a chi ne aveva bisogno, realizzando così la vera solidarietà e anche uno scambio di culture e idee. Proseguendo nella visita, abbiamo osservato in una delle baracche il plastico di Ferramonti che all’epoca, nella realtà corrispondeva precisamente a sedici ettari di terreno, separati da un viale, ai cui lati vi erano le baracche dei deportati ( singoli o interi nuclei familiari).


Le pagine dei libri di storia raccontano quanto è accaduto, ma Ferramonti è segno visibile di un passato che ha ucciso la dignità umana.
Nel museo abbiamo visto fonti di quel periodo: foto di gruppi, cartine geografiche, pagelle scolastiche, documenti, ecc. che hanno catturato i nostri occhi e il nostro pensiero. Abbiamo ricostruito fatti accaduti e compreso quanto sia stato terribile l’essere stati strappati ai propri cari, alla propria casa, alla propria vita… privati della libertà e della propria intimità.


Nel museo abbiamo incontrato la signora Dina Smadar, nata e vissuta nel campo di Ferramonti solo un anno, la quale ci ha raccontato il vissuto dei suoi familiari e di tanti altri nel campo, non perché lo ricordasse, in quanto troppo piccola, ma perché glielo avevano raccontato i sopravvissuti. Ella sente da molti anni il dovere morale di tornare nei luoghi della memoria e invitare i ragazzi e i giovani alla pace, all’umanità, alla solidarietà, soprattutto oggi che conviviamo con molti stranieri e spesso li consideriamo nemici, mentre in realtà sono nostri simili, con una dignità e il diritto alla vita.


Più volte, nella sala Conferenze, abbiamo ascoltato dalla bocca di personalità importanti della Calabria e da studiosi della Shoà, la raccomandazione a mantenere viva la memoria per difendere la dignità dell’essere umano. Pagine infami di storia non possono svanire nel nulla come non fossero state! Abbiamo il dovere di sapere, conoscere, studiare, riflettere, capire che il bene costruisce e il male distrugge.


La nostra insegnante ci ha ricordato, durante tutto il percorso, di rimanere in silenzio e riflettere perché i nostri piedi stavano calpestando una “terra sacrario”, testimone muta delle sofferenze di tremila ebrei, deportati in quei luoghi che, erano sempre campi di prigionia, testimonianze delle sofferenze di esseri umani. Anche i filmati proiettati nella sala proiezione, ci hanno mostrato azioni disumane operate dai nazifascisti a danno della razza ebrea. Abbiamo ascoltato dalla voce di Isacco, un medico ebreo sopravvissuto a Ferramonti, morto all’età di 103 anni, poco tempo fa a Genova, la città in cui si era stabilito, l’invito a vivere con pienezza la propria vita, nel bene e nel male, soprattutto col coraggio di superare le difficoltà.


Ferramonti è stata un’esperienza indimenticabile: ci ha lasciato nel cuore un desiderio di costruire un mondo nuovo, dove ogni uomo possa vivere libero e sereno”.

 

Le classi V E-F dell’Istituto Comprensivo Erodoto