Il procuratore e lo scrittore Nicaso a confronto con gli allievi del corso Pedagogia della resistenza. Sulla mancata nomina a ministro della Giustizia, Gratteri racconta: «Non mi sono disperato ma c'è stato un fatto inquietante: c’è chi è andato dal presidente Napolitano per invitarlo a non designarmi» (ASCOLTA L'AUDIO)
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Per capire quanto sia difficile il contrasto alle mafie bastava assistere ieri pomeriggio all’incontro del procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, e del giornalista scrittore, Antonio Nicaso, con gli studenti del corso “Pedagogia della Resistenza” organizzato all’Unical dal docente Giancarlo Costabile.
'Ndrangheta e riciclaggio
Sarà l’atmosfera rilassata, dovuta dalla presenza di tanti studenti che hanno interloquito direttamente con i due ospiti, ma Gratteri e Nicaso non le hanno certo mandate a dire. Come quando un ragazzo ha posto una domanda sulle connivenze della criminalità organizzata, soprattutto sotto il profilo del riciclaggio. Gratteri è stato nettissimo. «Le mafie - ha ricordato - fanno un tipo di riciclaggio molto semplice. Comprano hotel, ristoranti, pizzerie che sanno gestire. Ma per fare il riciclaggio ad alti livelli ricorrono ai professionisti, quelli che portano i soldi all’estero e gli fanno fare tanti di quei giri che alla fine se ne perdono le tracce». E proprio ai professionisti Gratteri si era rivolto la mattina durante un incontro al liceo classico “B. Telesio”.
«È un punto a cui tengo e che stamattina ho ribadito in due occasioni - ha detto - Ho chiesto come fate ad essere qui stamattina ad applaudire me e poi partecipare o dare copertura ideologica ai diffamatori seriali delle istituzioni, come fate ad offrire condivisione ideologica a chi vorrebbe smantellare il lavoro e l’impegno di centinaia di magistrati e uomini di polizia in nome del cosiddetto garantismo. È il momento di smascherare i doppiogiochisti, è il momento delle scelte di campo».
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I soldi della mafia «fanno comodo»
Ma questa ipocrisia nel contrasto alle mafie non si trova solo nella borghesia calabrese e italiana. È più diffusa di quanto si pensi. Nicaso dice chiaramente che la ‘ndrangheta è diventata la più forte organizzazione criminale del mondo perché è riuscita ad anticipare la globalizzazione. A fine ‘800 era presente negli Usa, a partire dal 1910 in Canada, dal 1920 in Australia e via via in tutto il mondo. Oggi si sta insediando in Asia. Il problema è che il contrasto alla mafia non si è globalizzato e in Europa parecchi paesi fanno finta di non vedere, minimizzano, dicono che la mafia è solo un problema italiano perchè magari alle società economicamente avanzate i quattrini delle ‘ndrine fanno comodo. In proposito Gratteri racconta un episodio illuminante della inadeguatezza delle legislazioni di alcuni paesi europei nel contrasto alla criminalità organizzata.
La riflessione sulla Strage di Capaci
«Era il periodo - ricorda Gratteri - in cui l’Isis si divertiva a passeggiare sui marciapiedi di Parigi, Bruxelles, Costa Azzurra per falcidiare le persone. Ebbene viene individuato un integralista dell’Isis a Bruxelles, abbiamo dovuto aspettare le sei del mattino per fare irruzione in casa sua perché la legge belga vieta di entrare di notte a fare perquisizioni. Poi la legge è stata cambiata, ma solo con riferimento ai reati del terrorismo, non alla mafia. E’ evidente che non c’è nessuna esigenza di sviluppare questo tipo di contrasto in nome della privacy che è la parola magica che spesso si mette davanti quando non si vogliono fare le cose».La denuncia di Gratteri e Nicaso ai ragazzi sta tutta qua, nella volontà vera di contrastare il fenomeno. In particolare Nicaso, stimolato ad una riflessione sulla strage di Capaci, ha detto che «La memoria dei santini e delle reliquie non mi ha mai appassionato. È ora di tornare ad una memoria attiva perché c’è chi dice no alle intercettazioni, al sequestro ostativo, alla legge Rognoni Latorre insomma ad un impalcatura che ha permesso di ottenere grandi risultati».
Gratteri e la nomina a ministro della Giustizia
L’ultimo appunto degno di nota è la domanda di uno studente che chiede a Gratteri se sia rammaricato per non essere diventato ministro della Giustizia. Il procuratore ha detto una cosa molto forte «In realtà diciamo che non mi sono particolarmente disperato per la mancata nomina. Anzi a volte mi viene da ringraziare il cielo. Però c’è un fatto grave ed inquietante che andrebbe approfondito. C’è chi è andato dal presidente Napolitano per invitarlo a non nominarmi ministro. Sarebbe interessante capire chi sono queste persone e perché lo hanno fatto: per antipatia personale? perché sono state coinvolte da qualche mio errore? Perché sanno che non sono condizionabile? Perché sono calvo? Ecco credo che capire questa cosa significa anche comprendere un pezzo della storia di questo Paese».
Quel che è certo è che i due non hanno nessuna intenzione di arretrare di un millimetro rispetto al loro impegno, anzi il loro lavoro li porta ad uno sguardo sempre più internazionale. Inevitabile allora la domanda sulla guerra in Ucraina, per la quale Gratteri ha una preoccupazione. «Finita la guerra che fine faranno tutte le armi che l’Occidente sta mandando laggiù? La storia ci dice certamente che appena finito il conflitto la mafia siederà al tavolo della ricostruzione. Ma quello è il meno. Il vero problema è la tracciabilità di queste armi. Non vorrei che la mafia ucraina, che in questo periodo è scappata nell’Europa centrale, poi tornasse a Kiev a fare shopping di armi. Questo è un problema che la Nato si deve porre». A proposito di globalizzazione del contrasto alle mafie.