«Questo vi chiedo: di essere pastori con “l'odore delle pecore”, pastori in mezzo al proprio gregge, e pescatori di uomini». Con queste parole Papa Francesco si è rivolto al clero di Roma, era il 28 marzo del 2013, nei primi giorni di pontificato. Il cardinale gesuita argentino Bergoglio, che si è dato il nome di Francesco, iniziava così la sua rivoluzione, all’indomani delle storiche e inattese dimissioni del papa tedesco, Benedetto XVI, che aveva detto: «Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui!».

Francesco ha imposto alle gerarchie, ai vescovi e cardinali, di praticare l’umiltà nella semplicità e di stare in mezzo alla gente, di allontanarsi dal potere e dai potenti. Di far sentire forte «l'odore delle pecore».

I vescovi e cardinali nominati da Francesco sono in linea su questa fondamentale impostazione, e sono quasi sempre ‘preti di strada’. Papa Francesco li avverte di non assumere atteggiamenti altezzosi, di restare semplici e soprattutto di «non circondarsi da portaborse e yes men: i preti arrampicatori, per favore fuori».

L’Arcivescovo di Cosenza è uno dei vescovi voluti da Francesco. È a Cosenza da un anno e si è fatto subito apprezzare per l’estrema semplicità e per l’umiltà nella sua azione pastorale. Lungo un percorso tracciato dal suo predecessore, il mons. Nolè.

Il vescovo Checchinato lo incontri per strada in clergyman, l’abito ecclesiastico composto da pantaloni, camicia e giacca di colore nero o grigio. Senza alcun segno di autorità, si muove spesso a piedi, parla con tutti, è semplice nei modi e nelle parole. 

All’ultima iniziativa contro l’autonomia differenziata di sabato scorso, l’arcivescovo è arrivato in piazza da solo e come un semplice prete, si è fermato a parlare e ascoltare la gente. Lui, come tanti altri vescovi, su questo tema è stato molto netto: «I senatori che l’hanno votata stanno con i ricchi e dimenticano la Bibbia».

L’arcivescovo di Cosenza è un segno dei tempi dell’attuale pontificato, segnato dal ritorno della chiesa cattolica alla semplicità evangelica. Via le insegne da faraone per il papa, lotta durissima alla corruzione interna. E ai preti il papa ha subito chiesto di abbracciare i poveri, gli ultimi. Come ha fatto lui stesso sin dal primo giorno di pontificato.

Le chiese, da almeno 25 anni, appaiono sempre più vuote, i sacerdoti sono sempre di meno, le parrocchie non incidono più nella vita dei fedeli, la società è sempre più egoista, per molti aspetti cattiva e violenta. La famiglia è a pezzi.

Davanti ad uno scenario così devastante, il papa ha pensato bene di ripartire dalle origini, di riportare la chiesa in mezzo alla gente. E tanti preti di periferia ci sono già fra la gente e nei tanti problemi del mondo moderno. Sporcandosi quotidianamente le mani. Per questo, incontrando per strada un prete qualsiasi, senza alcuna arroganza, semplice umile nei modi, non vi sembri strano che possa essere un vescovo, magari un cardinale.

Perché la chiesa se vuole avere ancora un ruolo importante nel nostro mondo, deve liberarsi da ogni condizionamento, tuffandosi senza paura nella povertà materiale e soprattutto spirituale che oggi nessuno riesce a guarire.