Non tutte le ciambelle riescono col buco. Ma quando la ciambella costa 9 milioni di euro ci si aspetterebbe maggiore attenzione da parte di chi impasta, inforna e vende.

L’operazione di marketing turistico Open to Meraviglia, promossa dal ministero guidato da Daniela Santanché e da Enit, per rilanciare l’immagine dell’Italia sul mercato internazionale, rischia di naufragare in un mare di fischi. E non solo per le inevitabili critiche sui contenuti (simbolo della campagna è la Venere di Botticelli in versione influencer che sembra Chiara Ferragni), ma anche per un cruciale aspetto tecnico: l’acquisto del dominio web, in altre parole l’indirizzo internet da digitare per raggiungere un determinato sito. Ebbene, sembra che al ministero si siano dimenticati di acquistare il dominio opentomeraviglia.it, claim della campagna milionaria e architrave di tutta l’operazione nata da un'idea del gruppo Armando Testa. Un clamoroso passo falso che ha scatenato i social e gli addetti ai lavori.

«Raga, non potete capire il livello...»

Il primo a rivendicare pubblicamente la proprietà del dominio è stato un certo Bob K. Palmer, che il 21 aprile, mentre infuriavano le polemiche sui contenuti della campagna, ha postato la bomba: «COMUNQUE RAGA NON POTETE CAPIRE IL LIVELLO MA… INDOVINATE CHI È L’INTESTATARIO DEL DOMINIO OPENTOMERAVIGLIA.IT? Ebbene sì, non avevano nemmeno registrato il domino. L’ho comprato per un centesimo, UN CENTESIMO. Daniela Santanchè se lo vuoi scrivi pure. Fino ad allora il dominio punterà alla categoria Interracial Gay di Pornhub».
A quanto pare, però, anche lui è rimasto con un pugno di mosche in mano, perché sembra averlo battuto sul tempo un altro utente di Firenze, Marketing Toys. È proprio sulla loro pagina che si arriva, infatti, se si digita opentomeraviglia.it.

Ecco come è andata

«Tranquilli, ci abbiamo pensato noi di Marketing Toys», si legge a caratteri cubitali sulla home, e subito sotto: «Il marketing è una cosa seria». Poi, come se non bastasse, c’è pure la cronologia del colpaccio: «Ore 20.00 (del 21 aprile si presume, ndr), due consulenti di marketing (ed un ingegnere!) si trovavano a Parigi in un teatro in attesa dell'inizio di un concerto. Sono qui perché amano integrare al lavoro momenti di felicità; ore 20.03, Filippo (uno dei consulenti) è intento a spippolare sul suo smartphone scorrendo le notizie e i post del giorno, quando all'improvviso sobbalza sulla sedia: “Oibò, ma il dominio opentomeraviglia.it è libero!”; ore 20.04, a quel punto Gaia (l'altra che è fissata con i modelli di business...) presa da uno spontaneo e naturale entusiasmo, si alza dalla sedia ed urla “Registralo subito!”. Il resto è storia».
Insomma, cinque minuti scarsi per comprare un dominio da 9 milioni di euro alla modica cifra di 4 euro e 99 centesimi.

Dal canto suo, Bob K. Palmer, quello che per primo ha fatto salti di gioia forse ingiustificati, spiega così la situazione: «La registrazione di un dominio non è una cosa istantanea, qualcuno potrebbe avermi battuto per qualche minuto se il mio ordine d’acquisto non è stato processato subito. Forse non sono stato il primo ad acquistarlo, ma non ne sono sicuro. Domani provo a fare reclamo, intanto questa è la storia».

La storia (del web) non insegna

A prescindere da chi si sia accaparrato il dominio, resta l’incredibile scivolone del ministero del Turismo, che ora dovrà probabilmente trattare economicamente con chi possiede opentomeraviglia.it. La storia del web è piena di casi simili e soprattutto agli albori della rete c’è chi si è arricchito facendo incetta di domini che da lì a poco avrebbero avuto un grande valore commerciale. Bastava immaginare una parola di uso comune, metterci vicino .com, correre a comprarlo per pochi dollari e aspettare che qualcuno interessato a quello stesso indirizzo internet bussasse alla porta con un pacco di soldi per rilevarlo. In Italia, il record è detenuto dai domini giochi.it e prestiti.it, venduti rispettivamente per 300mila e 194mila euro. Ma a quanto pare, anche in Internet, la storia non insegna mai nulla.

Santanché: «Campagna criticata di chi fa lo snob»

Sulla questione specifica il ministro Santanché non si è ancora pronunciata, concentrata com'è a fronteggiare soprattutto le critiche che hanno travolto i contenuti della campagna. «Riguardo ai meme che circolano in rete mi sono fatta una risata - ha dichiarato nel corso di Non Stop News’ su RTL 102.5 -. Ho scelto consapevolmente la Venere di Botticelli, un’icona conosciuta in tutto il mondo e simbolo della nostra italianità. È evidente che non la potevamo proporre nella campagna così com’è dipinta, perché uno degli obiettivi di questa campagna internazionale è quello di avvicinare i giovani, abbiamo quindi utilizzato strumenti e linguaggi a loro vicini».  E rispedisce al mittente anche le critiche sulla solita retorica fatta di pizza, spaghetti e mandolino: «Non capisco la critica, la pizza è famosa in tutto il mondo, fa parte della dieta mediterranea e della nostra cucina, che è apprezzata, imitata e copiata in tutto il mondo. Forse viene criticata dalle persone un po’ snob e radical chic che mangiano caviale e salmone, ma la maggioranza degli italiani e dei tanti turisti che arrivano da ogni parte del mondo la apprezzano. Poi, per chi è abituato a bere champagne e a mangiare caviale capisco che la pizza sia un po’ pop».