Dei 68 consorziati resta solo la Regione. Camere di commercio, Confindustria, Province, Comuni sono usciti in tutta fretta dalla compagine societaria in seguito alla richiesta di ricapitalizzazione arrivata in estate: una lettera del commissario straordinario intimava di ripianare perdite per 30 milioni di euro
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È stato detto più volte: il Corap è l’emblema del fallimento della politica calabrese di ieri e di oggi. Il default del Consorzio regionale delle attività produttive - nato per iniziativa del presidente Mario Oliverio nel 2016 con la fusione delle Asi su base provinciale, per dare seguito alla legge varata precedentemente da Scopelliti in piena era Monti – è una bandiera sbrindellata di inefficienza, approssimazione e strafottenza politica sulla pelle dei lavoratori e delle prospettive di sviluppo della Calabria.
Si salvi chi può
In attesa che il Corap venga liquidato con una nuova legge regionale, per ora impantanata in Consiglio, sembra che su questa vicenda sia già stato tutto scritto e detto. Invece, i confini della realtà si spostano sempre più in là. Nel corso di una recente seduta congiunta della I e II commissione regionale, quella che avrebbe dovuto licenziare il nuovo testo legislativo capace di unificare tre proposte già nei cassetti, è intervenuto anche il governatore, che ha fornito una notizia inedita: i 68 “soci” del Corap non esistono più. Il motivo – questo, però, non è stato riferito da Oliverio - alza ulteriormente l’asticella dell’assurdo. Il fuggi fuggi sarebbe scattato dopo la bussata a soldi del commissario straordinario Fernando Caldiero, che meno di tre mesi fa, nella prima decade di agosto, ha firmato e spedito ai consorziati una sorta di intimazione di pagamento, chiedendo di procedere pro quota alla ricapitalizzazione per far fronte alle perdite «pari a euro 26.606.447,00 per l’anno 2016 ed euro 3.170.137,00 per il 2017». Alla lettera venne allegato anche il prospetto delle quote possedute dai singoli consorziati e, in base a queste, quanto versare «entro il 15 settembre», con tanto di codice Iban da utilizzare per adempiere.
Sconcerto tra i consorziati
Una mazzata di proporzioni estintive per alcuni dei soggetti consorziati chiamati ad aprire i cordoni della borsa, in prevalenza Camere di commercio, sezioni di Confindustria, Province (tutte tranne quella di Vibo), Comuni calabresi e un paio di banche.
Così, ad esempio, ad Assindustria Crotone veniva chiesto di pagare 1,4 milioni di euro a fronte del 5,2 % delle quote possedute, al Comune di Lamezia e alle Provincie di Catanzaro e Crotone veniva chiesto circa un milione a testa, e così via, fino ai 34mila euro chiesti ai Comuni di Seminara e San Roberto, ultimi per numero di quote “possedute”. Una comunicazione grottesca, che Caldiero giustificò come “atto dovuto” sulla base di quanto prevede lo statuto (quello provvisorio, visto che il nuovo non è mai stato adottato).
«Siamo fuori, non fatevi più sentire»
In quel frangente, la Camera di Commercio di Vibo, alla quale veniva chiesto di versare circa 88mila euro, reagì a muso duro: «Questo Ente nulla deve, avendo esercitato il recesso dal Consorzio di sviluppo industriale di Vibo Valentia in data antecedente all’accorpamento del Csi nel Corap». L’ente camerale vibonese chiudeva la sua risposta con un avvertimento esplicito: «In caso di ulteriori richieste, attiveremo i nostri legali per tutelare gli interessi di questo ente, con conseguente aggravio di spese».
Ora si scopre che non fu solo la CamCom di Vibo a prenderla male, ma tutti i consorziati, che a stretto giro hanno formalizzato il proprio recesso dal Corap, facendo leva probabilmente anche sulla mancanza dei nuovi strumenti statutari e del regolamento, mai approvati dalla sua nascita nel 2016.
Regione socio unico
Al momento, dunque, la compagine annovera solo due soci, la Regione e il Comune di Castrovillari (non si sa bene perché, ma così avrebbe riferito Oliverio in Commissione), quest’ultimo però con una quota infinitesimale, uno zero virgola qualcosa. In pratica, allo stato esiste un socio unico, la Regione Calabria. Spariti, invece, tutti gli altri che ora, presumibilmente, non saranno chiamati a nessuna forma di ricapitalizzazione, né a rispondere dei debiti che comunque, in qualche modo, dovranno essere onorati almeno in parte, obiettivo d’altronde della messa in liquidazione.
Insomma, oggi il Corap è una grana esclusiva della Regione, che peserà sulle sue finanze, e indirettamente sulle tasche dei calabresi, come l’ultimo sigillo di una stagione politica tutta da dimenticare.
degirolamo@lactv.it
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