Luigi Sacchetti è l’unico reggino a essere stato Campione d’Italia di calcio. Una storia intensa la sua e che parte da lontano, tra successi e brutti scherzi del destino che gli hanno impedito di arricchire un curriculum già indubbiamente colmo.

Un’altra eccellenza calcistica calabrese dunque che si racconta in esclusiva ai microfoni di LaC News24. Tra Verona e Firenze, e chissà cosa sarebbe successo con la Nazionale se non ci fosse stato quel brutto infortunio. Ha tanto da raccontare l’ex calciatore.

Lo scudetto del 1985

Un percorso che, come detto, parte da lontano ovvero dal 1975: «La mia carriera parte da vicino casa ma non alla Reggina dal momento che l’ho solo sfiorata. Era il 1975 e ho iniziato dalla Gioiese ma subito dopo passai all’Asti, ma ero già tesserato con la Fiorentina. Con la maglia viola l’esperienza è durata sei stagioni, dal 1976 al 1982 dove misi a referto quasi cento presenze. Nell’estate del 1982 passai al Verona dove rimasi fino al 1986 mentre, tra le altre tante esperienze, nel 1989 tornai nella mia Calabria indossando la maglia del Catanzaro».

Circa quindi anni di carriera, ma è lì a Verona che Sacchetti contribuì a scrivere la storia del club scaligero: «Era la stagione 1984/85 e noi venivamo da due buoni anni e da un ottimo calcio, dal momento che ci eravamo classificati a ridosso dei vertici. L'anno dello scudetto poi c'erano due stranieri come Hans-Peter Briegel e Preben Elkjaer Larsen che ci hanno dato una spinta in più per vincere».

Una favola nata e maturata piano, ma con merito e che ha dato uno schiaffo a quel calcio che premia solo le favorite: «Diciamo che noi eravamo consapevoli di essere una buona squadra che faceva buon calcio, dunque l'obiettivo iniziale era quello di rimanere quanto meno nella parte sinistra della classifica. Inoltre ci accorgevamo che domenica dopo domenica i risultati stavano arrivando e allora ci credevamo sempre di più. Negli ultimi due mesi ci siamo giocati lo scudetto contro Torino, Inter, Sampdoria, Milan e Juventus. In quegli anni però non era facile dal momento che ogni squadra aveva dei campioni in rosa: la Juventus aveva Boniek e Platini oltre ai campioni del mondo del 1982, la Roma aveva Falcao, l'Inter Rummenigge, l'Udinese Zico. Ricordo che siamo partiti primi e abbiamo finito primi».

L’infortunio e la Nazionale

Un’annata magica insomma e che i romantici del calcio non possono dimenticare. La carriera di Sacchetti, però, ha avuto anche pagine tristi e che gli hanno precluso la possibilità di arricchire la sua carriera: «Il mio ruolo? Una volta si chiamava mediano di spinta, io giocavo davanti alla difesa e il mio compito era quello di interrompere le azioni avversarie. Il ricordo più bello è quando sono rientrato in prima squadra dopo l’infortunio al ginocchio nel 1984. In quell’occasione sono andato prima in panchina a Torino e poi ho giocato nuovamente titolare nella partita successiva contro il Milan.

Tra i miei ricordi più belli di quell’annata mi porto dietro il gol da trenta metri fatto contro l’Ascoli, ed è stato proprio in quel momento che ho capito che il ginocchio era davvero guarito, anche perché l’anno prima per questo problema avevano smesso campioni di Roma e Fiorentina e io avevo un po’ di timore. Inoltre l’infortunio al ginocchio non era come oggi».

Proprio quell’infortunio, però, gli impedì di iniziare un legame con la maglia dell’Italia: «In Nazionale ho fatto tutta la trafila, dalla Juniores all’Under 21, dove ci qualificammo alle Olimpiadi di Los Angeles del 1984. Purtroppo fu il periodo del mio infortunio al ginocchio e fui costretto a saltarli. Inoltre erano i tempi in cui Bearzot stava rifacendo la squadra post Mondiale e io avevo avuto una pre-chiamata» .

La Fiorentina e il Verona attuali

Infine, il suo giudizio sull’attuale cammino in Serie A di Fiorentina e Verona: «Per quel che riguarda Fiorentina devo dire che sono abbastanza contento perché sta facendo un ottimo campionato, anche se per la classifica siamo sempre lì, ovvero tra settimo e ottavo posto e sotto questo aspetto mi piacerebbe si facesse il salto di qualità, lottando quantomeno per la Champions League. Quanto al Verona l’obiettivo è sempre lo stesso, ovvero la salvezza, e al momento si trova in una buona classifica e con un calendario che sembra abbordabile. Inoltre la nuova società ha dimostrato attaccamento».