Terzo a Sanremo 2025 con L’albero delle noci, il cantautore si racconta a Stories, rivelando qualche dettaglio inedito della sua infanzia. «Lei sperava che pregassimo per la pace nel mondo, io volevo solo diventare un supereroe». E sul padre assente: «Una volta mi chiese chi fossi»
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Sanremo, Domenica In - Speciale Sanremo 2025 - nella foto: Brunori Sas
Dario Brunori, in arte Brunori Sas, si racconta senza filtri in un’intervista a Stories su Sky Tg24, reduce dal terzo posto conquistato al Festival di Sanremo 2025 con il brano L’albero delle noci, una canzone dichiaratamente dedicata alla sua primogenita, Fiammetta. Il cantautore calabrese, noto per la sua ironia e per il suo approccio malinconico ma mai banale alla musica, ha svelato dettagli inediti della sua infanzia, tra pianti inconsolabili, rosari interminabili e un’insospettabile aspirazione infantile: diventare Superman.
La sua avventura sanremese non è stata frutto di un semplice capriccio. Dopo essere stato ospite nel 2019 al fianco degli Zen Circus, Brunori aveva promesso a sé stesso di non avvicinarsi più a quel mondo caotico e totalizzante che è il Festival. Eppure, ha finito per fare il contrario, decidendo di mettersi in gioco da concorrente, spinto dal desiderio di dare visibilità a un lavoro costruito con estrema cura insieme a Riccardo Sinigallia. «Abbiamo lavorato così tanto su questo disco che avevamo paura che venisse inghiottito dalla velocità del mondo contemporaneo, consumato in pochi giorni e poi dimenticato. Sanremo, almeno, gli ha dato una luce».
Ma il cuore dell’intervista è stato il racconto delle sue radici. Brunori è nato a Joggi, un piccolo borgo della Calabria, e proprio lì è iniziata la sua storia. Cresciuto in una famiglia numerosa, con due fratelli, Alessandro e Nino, e una madre molto presente, il piccolo Dario ha vissuto un’infanzia fatta di giochi e di grandi sceneggiate. Suo padre, invece, c’era poco: «Lavorava dalla mattina alle sette, tant’è che ricordo una domenica, ero in prima media, lui tornò a casa e mi guardò dicendo: ‘Ma tu chi sei?’. Ho capito in quel momento che probabilmente si era perso il fatto che esistesse un terzo figlio».
Se c’era una cosa per cui era noto da bambino, era il suo modo di esprimere le emozioni in maniera teatrale. «Mamma mi chiamava Mario Merola, perché appena avevo un minimo male, piangevo. Ero un po’ piagnucolone, da noi si dice ‘puppuso’”, racconta ridendo. Ma oltre alla sua vena melodrammatica, c’era anche quella creativa: adorava giocare, travestirsi, mettere in scena piccole commedie casalinghe. “Mi piaceva inventare scenette, giocare anche da solo, costruirmi mondi miei».
Tra le abitudini imposte in casa Brunori, una delle più temute era quella del rosario. «Mamma ci teneva molto all’educazione cattolica e nel mese di maggio, quello della Madonna, allestiva un piccolo altarino in casa. Noi eravamo obbligati a partecipare almeno a uno di questi rosari lunghissimi», racconta. Ma mentre lei sperava che i figli desiderassero la pace nel mondo o la salute della famiglia, il piccolo Dario aveva altri obiettivi: «Io pregavo per diventare Superman».
Un dettaglio che dice molto sulla sua personalità, sospesa tra il sogno e l’ironia. Oggi Brunori Sas è uno dei cantautori più amati del panorama italiano, con la sua musica che riesce a mescolare poesia, umorismo e riflessioni profonde senza mai prendersi troppo sul serio. E chissà se, in fondo, quel bambino che sognava di volare non ci sia riuscito davvero, anche senza il mantello rosso.