La crisi come generatore di opportunità. Il celebre assunto - seppur tra poche luci e molte ombre - potrebbe esser facilmente riadattato anche alla sanità calabrese, venuta fuori dal tunnel dell'emergenza con in grembo il germe della rinascita. Contiene, infatti, una duplice lettura il dato preliminare sulla mobilità passiva, certificato nei giorni scorsi dal dipartimento Tutela della Salute. Nell'anno del Covid la Calabria ha risparmiato 85 milioni di euro, costi che in genere sostiene per assicurare assistenza medica ai propri cittadini ma al di fuori dei confini territoriali, in altre regioni d'Italia. 

In controtendenza

Nel 2020 la spesa ammonta a 221 milioni, in controtendenza rispetto al 2019 quando le casse calabresi hanno subito il salasso di 306 milioni di euro. Ad incidere le restrizioni e il divieto di spostamento tra regioni imposto per limitare la diffusione del contagio da Covid. Lo scarto tra i due risultati contiene però una tendenza: il comportamento dei calabresi in cerca di cure ma fortemente limitati nella mobilità e, quindi, impossibilitati a battere le abituali rotte dei viaggi della speranza verso il nord Italia. C'è chi ha scelto di affidarsi ai professionisti che operano a queste latitudini e chi ha, al contrario, preferito rinunciare alle cure.

Chi ha scelto di non curarsi

Entrambi gli orientamenti sono emersi dai dati illustrati nel corso dell'ultimo congresso regionale dell'Acoi (Associazione chirurghi ospedalieri italiani) tenuto nei giorni scorsi a Catanzaro. Se, da un lato, nel 2020 si è registrato un aumento delle attività chirurgiche complesse, d'altro canto i pazienti che hanno ripreso a frequentare le corsie ospedaliere - dopo lo stop imposto dal Covid - presentano malattie oncologiche in stato avanzato e patologie benigne degenerate. In sintesi, la scelta di curarsi in Calabria o di abbandonare definitamente i percorsi assistenziali.

Sanità a pezzi

In Calabria nel 2019 erano stati eseguiti 74.055 interventi chirurgici mentre nel 2020 ne sono stati eseguiti 60.028, il crollo di 14mila interventi in un solo anno per lo più tra quelli programmati (quasi il 19%). Ad esempio, nel 2019 gli interventi chirurgici programmati erano stati 51.137, nel 2020 38.379: ben oltre 12mila in meno (quasi il 25%). Una forbice che si assottiglia se si considerano gli interventi chirurgici praticati in regime di emergenza: 22.918 nel 2019, 21.649 nel 2020; poco più di mille. A risentirne maggiormente, la Chirurgia Generale che nel 2020 assiste ad un calo di 2.400 interventi tra programmati e urgenti. Riflessi negativi anche per gli interventi oncologici: tra il 2019 e il 2020 è andato perso il 30% per il tumore alla mammella, il 23% per il tumore al colon, il 29% per il tumore al retto, il 32% per il tumore all'utero e il 2% per il tumore ai polmoni.

Accorpamento dei reparti

Questo è il principale risultato dell'accorpamento dei reparti chirurgici per far spazio a quelli Covid, alla sospensione degli interventi programmati, delle visite ambulatoriali e dei follow up. La sanità calabrese dal tunnel della pandemia ne esce a pezzi ma l'effetto è duplice. Nel 2021 le attività, soprattutto quelle chirurgiche, non hanno ancora riacquistato i livelli pre-pandemia restando inchiodati ad un 75% e le condizioni dei pazienti sono decisamente peggiorate dopo quasi due anni di mancate cure e di interruzione dei follow up.

Chi ha scelto di curarsi in Calabria

Ma già durante il 2020 e ancora nel 2021 si registra un aumento dei volumi per interventi chirurgici maggiori. A titolo d'esempio, in piena pandemia la struttura operativa complessa di Chirurgia Toracica del Gom di Reggio Calabria ha fatto segnare un +8% di interventi chirurgici oncologici maggiori rispetto al 2019. E la struttura operativa complessa di Chirurgia Toracica dell'azienda ospedaliera di Catanzaro fa registrare nel 2021 un aumento delle attività del 22% rispetto all'anno del Covid. 

Fine delle fughe?

«Tra gli interventi in via di incremento c'è, ad esempio, il trattamento delle patologie benigne e maligne del colon retto con laparoscopia effettuato nei pazienti in degenza che produce vantaggi in termini di qualità di vita oltre che economici» spiega il chirurgo della Soc di Chirurgia generale dell'azienda ospedaliera, Pasquale Castaldo e coordinatore regionale dell'Acoi. «E ancora, tumori allo stomaco, al fegato e al colon retto, tumori al polmone e alla prostata, chirurgicamente aggredibili».