La deputata M5s Dalila Nesci ha interrogato il presidente del Consiglio e i ministri della Salute e dell'Economia, a seguito del decesso della settantacinquenne Teresa Bitonti, avvenuto in casa della signora a poche ore dalle dimissioni dal pronto soccorso dell'ospedale di San Giovanni in Fiore e per un probabile infarto.

 

Nell'interrogazione la parlamentare 5 stelle ha ricordato che si tratta del terzo caso indicativo di una grave carenza in ambito cardiologico, già formalmente segnalata. Infatti, ha precisato la deputata, «con lettera del 3 aprile 2015, indirizzata al direttore generale e al direttore sanitario dell'Asp di Cosenza, da cui dipende l'ospedale di San Giovanni in Fiore, nonché al governatore regionale, on. Mario Oliverio, al commissario per l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale, ing. Massimo Scura, e ai ministeri vigilanti, l'odierna interrogante segnalava, a seguito dell'ispezione parlamentare in loco del 12 marzo 2015, che “il servizio di Cardiologia andrebbe potenziato, almeno con la presenza di un cardiologo per 12 ore su 24, che servirebbe anzitutto a cogliere prima eventuali gravi patologie cardiache acute.

 

A questo proposito, si segnala che per evento cardiaco lì si sono verificati, purtroppo, decessi di pazienti tenuti in lunga osservazione, i quali si sarebbero magari salvati, se sul posto vi fosse stato pure uno specialista”».

 

Pertanto, la parlamentare ha chiesto ai ministri interrogati «quali urgenti iniziative intendano adottare per migliorare la capacità d'intervento del servizio cardiologico attivo presso l'ospedale di San Giovanni in Fiore e, in ogni caso, a garanzia della locale popolazione rispetto a casi di emergenza per infarto». Secondo la parlamentare M5s, «a San Giovanni in Fiore è urgente e inevitabile un consiglio comunale aperto sulla sanità, come ha già detto il consigliere comunale della minoranza, Antonio Lopez». Per Nesci «è il momento di fare il punto e di assumere una posizione unitaria contro la riduzione della sanità a ragioneria e del diritto della salute all'imbroglio dei livelli essenziali di assistenza».