Uno dei capitoli della relazione del presidente del Tar Calabria Vincenzo Salamone, per l’inaugurazione dell’anno giudiziario a Catanzaro, ha riguardato il grave problema dell’efficienza del settore sanitario. Il contenzioso dinanzi al giudice amministrativo ha spesso interessato infatti i rapporti tra la struttura commissariale e i privati. «I tre settori interessati: cliniche private per acuti e post acuti, strutture ambulatoriali e di laboratorio, strutture sociosanitarie, hanno vissuto una stagione ricca di contenziosi – si legge nella relazione del presidente - con istruttorie della struttura commissariale e sentenze di alto valore non solo economico, sicuramente di grande interesse sia per i privati e per il settore pubblico, ma anche normativo e di indirizzo per il futuro dei rapporti tra le parti».

Le risorse

Un significativo contenzioso ha riguardato la riallocazione di risorse dall’acquisto di prestazioni ambulatoriali e , soprattutto di laboratorio, all’acquisto di prestazioni complesse erogate dalle cliniche per acuti e, in minor misura, post acuti. La logica dell’azione commissariale poggiava sul condivisibile assunto che i cittadini calabresi vanno fuori regione per interventi e molto meno per attività ambulatoriali o quasi nulla di laboratorio. Le sentenze pronunciate in merito ai ricorsi delle strutture ambulatoriali e dei laboratori con impugnativa dei decreti n. 172 sui tetti di spesa e n. 174 sulla non prorogabilità dei contratti, rigettandoli entrambi, non lasciano dubbi. La struttura commissariale – prosegue il presidente del Tar - motivando opportunamente, ha il potere-dovere di usare le risorse a disposizione dell’unico interesse dei cittadini».

La situazione delle Aziende Sanitarie

Altro spinoso tema riguarda la gestione delle Aziende sanitarie calabresi con una situazione che si presenta estremamente critica soprattutto nelle due aziende più complesse del sistema calabrese: «Le Asp territoriali di Cosenza, la più grande della Calabria che serve oltre 710mila abitanti e l’Asp di Reggio Calabria, la più delicata essendo a rischio scioglimento per infiltrazioni mafiose, che serve circa 550mila abitanti. In questa situazione il rischio di far passare il messaggio tra i dipendenti che le loro aziende siano abbandonate e non interessino a nessuno è elevato. Ne discende uno scollamento tra gli uffici di difficile ricomposizione con enormi danni per l’utenza, già in difficoltà per motivi strutturali e risalenti nel tempo. E’ quindi auspicabile una collaborazione sinergica tra Regione e struttura commissariale per ridurre i tempi di incertezza gestionale delle due aziende che distribuiscono servizi ai due terzi della popolazione regionale».

L'Asp di Reggio Calabria

Particolarmente problematica la situazione dell’Asp di Reggio Calabria. «Il 26 luglio 2018 il prefetto reggino ha disposto l’accesso presso l’azienda Sanitaria Provinciale al fine di “compiere accertamenti mirati allo scopo di verificare eventuali concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare”. Va segnalato – sottolinea Salamone - che già circa 11 anni fa l’allora Asp 5 di Reggio era stata sciolta per ingerenza della criminalità organizzata e che la stessa era stata affidata per 18 mesi alla guida di un prefetto , un dirigente amministrativo e un dirigente amministrativo contabile. Il ripetersi di eventi analoghi a distanza di pochi anni dimostra che il problema non è stato risolto e non poteva esserlo giacchè una azienda sanitaria ha una complessità ben maggiore di un qualunque altro ente pubblico e richiede una guida con elevate competenze manageriali di settore».

Asl di Locri

A questo proposito per Vincenzo Salamone «merita di essere ricordata la dichiarazione dell’ex presidente della commissione antimafia Rosy Bindi che segnalava come ci sia una coincidenza tra i nominativi presenti nelle relazioni di scioglimento o di commissariamento d alcuni enti pubblici, di alcune Asl o di banche e la loro presenza in alcune logge massoniche. La Bindi, riferendosi all’Asl 9 di Locri, anch’essa sciolta per infiltrazioni mafiose in quegli anni, evidenziava la “presenza all’interno dell’azienda sanitaria di personale, medico e non, legato da stretti vincoli di parentela con elementi di spicco della criminalità locale o interessati da precedenti di polizia giudiziaria per reati comunque riconducibili ai consolidati interessi mafiosi”. Incrociando i dati deve ritenersi non occasionale la significativa presenza di massoni ai posti apicali dell’azienda sanitaria». Ricorda infine Salamone che il 16 ottobre 2006 era stato assassinato Francesco Fortugno, medico del presidio ospedaliero di Locri, all’epoca vicepresidente del Consiglio Regionale calabrese.