Malattie neurodegenerative

L’utilizzo delle cellule staminali tra ricerca e nuove sfide: parola all’esperto

VIDEO | Dal laboratorio di biologia delle cellule staminali dell'Università di Catanzaro, la ricercatrice Elvira Immacolata Parrotta spiega qual è l'attività di ricerca da lei coordinata sullo studio delle malattie neurodegenerative

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di Rossella  Galati
14 maggio 2024
12:18

La professoressa Elvira Immacolata Parrotta è ricercatrice di biologia molecolare dell'Università Magna Graecia di Catanzaro. Dal laboratorio di biologia delle cellule staminali, Dipartimento Scienze mediche e chirurgiche, spiega in cosa consiste l'attività di ricerca sulle cellule staminali, organoidi cerebrali e malattie neurodegenerative da lei coordinata.

«Il nostro laboratorio si occupa dello studio delle malattie neurodegenerative, in particolar modo il morbo di Parkinson e la paralisi sopranucleare progressiva che sono due patologie neurodegenerative per cui ad oggi non esiste ancora una cura e sono caratterizzate dal fatto che spesso a una popolazione neuronale va incontro a morte poiché la strada farmacologica non è percorribile laddove viene a mancare il bersaglio su cui farmaco può agire. Noi creiamo modelli di malattia, di queste patologie appunto, utilizzando cellule staminali pluripotenti che sono delle cellule che possono essere derivate direttamente dall’embrione oppure generate in laboratorio mediante processi di riprogrammazione cellulare. Queste cellule vengono utilizzate per creare degli organoidi cerebrali che sono delle strutture tridimensionali quindi delle strutture che ricapitolano un pochino la morfologia in miniatura di quello che è il cervello umano. Quindi utilizziamo questo organoidi per fare degli studi sui meccanismi molecolari e cellulari che sottendono a queste patologie».


Riprodurre il tessuto cerebrale

Qual è l’importanza quindi di questo approccio? «L’approccio è molto importante intanto perché è innovativo e poi come ben sappiamo è difficile poter avere accesso al tessuto cerebrale del paziente, di conseguenza questa strategia ci consente di riprodurre in miniatura, in una modalità semplificata, il cervello umano e quindi poterci fare degli studi di carattere fisiopatologico e anche di testare nuove molecole farmacologiche e quindi spingere un po’ in questa direzione».

L'attività di ricerca

Quali sono quindi le principali sfide che bisogna affrontare? «Le sfide principali riguardano intanto la complessità del sistema nervoso e la complessità delle malattie neurodegenerative stesse, per quanto gli organoidi cerebrali siano un una fonte preziosa ad oggi, non possono mai mimare la complessità del sistema nervoso per cui noi siamo sempre alla ricerca incessante di cercare di mettere a punto dei protocolli che possano poi darci degli organoidi il più possibile accurati e predittivi e poi è molto importante lavorare in tandem con la ricerca clinica per garantire un network multidisciplinare che possa consentire di spingere la ricerca sugli organo di il più vicino possibile a quello che è il setting clinico».

 

Giornalista
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