I presidenti dei consigli degli ordini delle province: «Si è adottato un sistema dove il privato puro e convenzionato lavora di fatto in regime di esclusiva. Quali sono i piani della Regione per restituire le strutture pubbliche alla loro mission?»
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Gli ordini dei medici delle cinque province calabresi hanno scritto alla governatrice Jole Santelli chiedendo un incontro urgente per confrontarsi sulle misure da adottare per far ripartire la sanità pubblica calabrese. Una richiesta riproposta dopo che la prima, secondo quanto scrivono i presidenti provinciali, non sarebbe stata accolta dalla presidente della Giunta regionale. Sul tappeto una serie di proposte che i camici bianchi intenderebbero discutere con i massimi vertici istituzionali della Regione.
«I cinque presidenti dei consigli degli Ordini provinciali dei medici chirurghi ed odontoiatri della Regione Calabria - si legge nella nota - esprimono rammarico per il mancato accoglimento della precedente richiesta di incontro, volta ad un propositivo confronto in vista della cosiddetta “Fase 2”, che vedrà i medici e tutti gli operatori sanitari ancora in prima linea ed ancora più esposti, considerando che nell’espletamento delle proprie funzioni, la nostra categoria ha pagato già un prezzo altissimo, in altre Regioni, con 151 vittime (ad oggi)».
«Prendiamo atto dell’ordinanza del presidente della Regione numero 35 del 24 aprile 2020... - aggiungono i presidenti - ma ci sentiamo sollecitati, oltre che dall’obbligatorio senso di interpretazione pro-attiva del ruolo che si è chiamati a svolgere, anche da numerose richieste di chiarimenti da parte dei vari segmenti della nostra complessa ed articolata professione».
«Condividiamo la fase di iniziale riapertura e prendiamo atto delle misure organizzative, di prevenzione e di protezione - continuano - nonché specifiche per la prevenzione di focolai epidemici, per come dettagliato negli allegati dell’ordinanza stessa, da far adottare anche al privato puro e convenzionato, siamo però preoccupati, che in molti ambiti territoriali, si verificherà l’impossibilità di poter corrispondere alla domanda per ogni tipologia di prestazioni in tempi ragionevoli, anche considerando i carichi di lavoro aggiuntivi derivanti dalla pregressa domanda sospesa e non soddisfatta, nonché da quelli indotti dalle stesse attività svolte».
«La consapevolezza che al momento, e chissà per quanto tempo ancora - sottolineano i medici - si sia adottato un sistema ove il privato puro e convenzionato lavori di fatto in regime di esclusiva, rende ancor più auspicabile un incontro istituzionale, per chiarire quali siano i piani ed i programmi che la Regione intende adottare al fine di poter restituire, per step ma in tempi brevi, le strutture pubbliche, ivi compresa la specialistica ambulatoriale, alla loro mission, attraverso un progetto di adeguamento anche degli organici per la messa in atto di tutti i requisiti necessari, per come richiesto, ed al pari delle strutture private, ivi compresa la necessità di dare, finalmente, seguito all’effettuazione dei tamponi in tutta la regione a tutto il personale pubblico e privato, nonché la previsione di un programma permanente di verifica e monitoraggio dei requisiti» per garantire i cittadini e i professionisti.
«È in tale ottica, ma non solo, che si rende altresì necessario programmare - ragionano i sanitari - nel tempo un ridimensionamento negli ospedali della rete regionale dai reparti Covid allestiti con il sacrificio delle altre specialistiche, nonché delle intere strutture, in quanto ha dato e dà impedimento alla prosecuzione e sviluppo delle attività di più propria competenza ospedaliera in termini sia di diagnosi, che di cura e follow-up, anche posto che il riavvio delle attività di screening poco senso avrebbero in assenza di conseguenziali prese in carico complete (diagnostiche pesanti, interventi chirurgici ecc)».
Gli ordini, infine, «sollecitano l’utile contestuale potenziamento dell’offerta assistenziale e di ricerca nel campo delle malattie infettive, approfittando della spinta e dei contributi correlati alla pandemia Covid-19, attraverso l’istituzione di un Centro unico regionale Covid-19 nell’area centrale della Calabria, considerato che a Catanzaro è presente l’unica Facoltà di Medicina e Chirurgia e due ospedali Hub - “Pugliese-Ciaccio” e Policlinico Materdomini. Infatti tale centro deve coniugare la ricerca, la formazione e l’assistenza, interagire con tutti gli altri ospedali Hub e Spoke e la sanità territoriale della Regione. Un modello innovativo che coinvolga tutte le competenze specifiche e le migliori energie».