Il sindacato evidenzia il prolungamento dei contratti per tutto il 2020 mentre «la sanità calabrese è in ginocchio»
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«L’anno nuovo porta con sé i vizi del vecchio. E, fra tutti i dipartimenti della Regione Calabria, questo vale sicuramente per quello di Tutela della Salute. L’ultimo giorno del 2019, con un decreto piazzato di soppiatto, sono stati prorogati i precedenti utilizzi e ne sono stati aggiunti dei nuovi».
Così una nota del sindacato Csa-Cisal che incalza: «Nonostante la corposa compagine di personale di ruolo della Regione Calabria il dipartimento di Tutela della Salute “prende in prestito” dalle Asp e dalle aziende ospedaliere dipendenti per svolgere mansioni amministrative. Nulla da ridire se la sanità calabrese funzionasse al meglio, invece mentre regna il caos nella maggior parte degli ospedali e la rete territoriale delle Asp è in affanno diventa un attentato alla logica. Anche perché fra gli utilizzati non ci sono soltanto figure amministrative ma anche sanitarie: medici, biologici e fino a non molto tempo fa anche infermieri. La gravità dell’ultimo decreto (numero 17131 del 31 dicembre 2019), firmato dal direttore generale Belcastro, consiste non tanto e non solo nella riproposizione di questo illogico schema, che penalizza le aziende e umilia i lavoratori regionali, ma soprattutto nella durata dell’utilizzo».
Fino al 31 dicembre 2020
Il sindacato spiega quindi che «il decreto, infatti, prevede che i “prestati” da Asp e aziende ospedaliere potranno restare nelle comode scrivanie della Cittadella per un altro anno: fino al 31 dicembre 2020. Nell’ultimo periodo il dg Antonio Belcastro si era limitato a prolungamenti di qualche mese, in questo caso ha voluto abbondare. Tutto ciò incurante della fase transitoria che sta vivendo l’Ente Regionale, in virtù delle elezioni, e della possibilità che la nuova Amministrazione possa adottare un atto d’indirizzo diverso. Il vero peccato – a suo tempo già sottolineato dal sindacato – è che con questo modo di agire, di prorogare senza soluzione di continuità gli utilizzi, ne snatura fortemente l’istituto amministrativo. L’utilizzo di un dipendente di un ente pubblico che presta servizio presso un altro è necessariamente una misura “temporanea”, collegata magari a peculiari momenti dell’Amministrazione “ricevente”. Invece, nel caso degli utilizzati del dipartimento Tutela della Salute, siamo di fronte a persone che da anni e, in alcuni casi, un decennio non lavorano più per l’Asp o l’azienda ospedaliera di provenienza. Un utilizzo è per sempre. E il senso del pudore sempre più nascosto».
I numeri degli utilizzati e i nuovi ingressi
Nella nota il sindacato ha poi snocciolato i numeri della questione: «Nell’ultima versione i “prestiti” sono così suddivisi: 11 unità dall’Asp di Catanzaro; 6 dall’Asp di Cosenza; 3 dall’Asp di Crotone; 3 dall’Asp di Reggio Calabria; 2 dall’Asp di Vibo Valentia; 10 dall’ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro; 1 dall’ospedale Annunziata di Cosenza; 4 dall’azienda ospedaliero-universitaria Mater Domini e 1 dal Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria. Il totale fa 41. Rispetto al precedente elenco (decreto 13340 del 30 ottobre 2019) ne sono venuti meno due ma entrati in tre. Fra le new entry c’è un dirigente medico farmacista dall’Asp di Crotone (a tempo pieno), nonostante sia stata assunta da circa sei mesi, su cui forse avrà pesato il cognome. Un dirigente medico della medicina legale dell’azienda ospedaliero universitaria Mater Domini (per due giorni alla settimana). E poi c’è un nuovo ingresso dall’Asp di Catanzaro, un collaboratore amministrativo professionale (a tempo pieno)».
Il caso dell'infermiera
E ancora: «Sugli utilizzi dell'Asp di Catanzaro c’è un’interessante finestra da aprire. I commissari prefettizi, che guidano l'ente da qualche mese dopo lo scioglimento per infiltrazioni mafiose, hanno richiesto il reintegro degli utilizzati facendo notare che i costi supportati dall’Asp (peraltro vicina al dissesto finanziario) non sono adeguatamente rimborsati dalla Regione. Dal dipartimento regionale non si è mosso pressoché nulla se non qualche unità. Nell’ultimo decreto dovrebbe tornare all'Asp di Catanzaro anche l’ultima infermiera superstite (quella che dall’ambulatorio regionale era stata promossa al terzo piano del dipartimento). Parrebbe, però, che sia già pronto un nuovo decreto per riportarla in Cittadella. Sarebbe uno strafalcione amministrativo. Si manda l'infermiera all'Asp di Catanzaro e poi la si riporta in Regione grazie alle “intercessioni” dall'alto. Sarebbe una vergogna. A proposito – sottolinea il sindacato Csa-Cisal – raccomandiamo a Belcastro, che deve firmare, di non avere ripensamenti visto che l’ospedale di Soveria Mannelli, quello di Soverato e quello di Lamezia Terme sono alle corde e chiudono i reparti, anche per la mancanza di infermieri».
«I cognomi pesano»
Il sindacato ha evidenziato che «le richieste di reintegro dell’Asp di Catanzaro sono risalenti nel tempo. Prima dei commissari nominati dal Prefetto per lo scioglimento dell’Asp, i precedenti vertici dell’azienda sanitaria provinciale avevano chiesto con due note (ad aprile e a giugno del 2019) che altri due dipendenti tornassero indietro. Non solo dal dipartimento non è arrivata alcuna risposta, ma proprio per questi due è stato prorogato l’utilizzo fino a dicembre 2020. Come mai queste differenti valutazioni? Forse pesavano troppo i cognomi? Come già detto in passato, il sindacato Csa-Cisal chiede che si metta un limite alla pratica dell’utilizzo di fatto “a tempo indeterminato”. Il direttore generale provveda alla revoca del decreto o, quantomeno, alla riduzione del termine della proroga (massimo febbraio) operando contestualmente una seria scrematura sulle persone che realmente servono al dipartimento Tutela della Salute. Abbia almeno il garbo istituzionale di attendere l'insediamento della nuova Amministrazione prima di adottare atti di così lunga durata. La Sanità calabrese è in ginocchio: è ora di finirla con questi giochini».
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