Si chiama Pipac, chemioterapia intra-peritoneale a flusso d'aria pressurizzata, la procedura chirurgica eseguita oggi, per la prima volta in Calabria, all’ospedale Giovanni Paolo II di Lamezia Terme dell’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro.

Il delicato intervento è stato effettuato all’interno del blocco operatorio in anestesia generale da un'equipe multidisciplinare condotta dal dottore Manfredo Tedesco, direttore della struttura complessa di Chirurgia Generale e capo Dipartimento dell’area Chirurgica, coadiuvato da due giovani chirurghi la dottoressa Denise Gambardella e il dottore Ettore Caruso, e dall’equipe anestesiologica diretta dalla dottoressa Anna Monardo; l’intervento, eseguito con tecnica chirurgica mini invasiva, ha richiesto anche il supporto della strumentista addetta a queste procedure particolari, Margherita Gottardo.

Questa procedura innovativa eseguita su una paziente affetta da carcinosi peritoneale con versamento ascitico addominale derivante da neoplasia uterina; è prevista una breve degenza postoperatoria ed è attesa una completa remissione del versamento addominale, con un sostanziale miglioramento delle condizioni generali associato al miglioramento della qualità di vita. La procedura, in pratica una somministrazione locale di farmaci chemioterapici, può essere ripetuta a distanza di 6-8 settimane, fino anche a sei cicli, in base ai risultati e al tipo di tumore.

«La PIPAC rappresenta uno dei trattamenti loco-regionali di più recente istituzione - ha spiegato il dottor Manfredo Tedesco - fino ad oggi bisognava andare fuori regione per essere sottoposti a tale intervento. Si tratta di una procedura ottimamente tollerata dal paziente, in quanto eseguita con approccio mini-invasivo, e con un ridotto assorbimento del chemioterapico che viene somministrato ad alta pressione nella cavità peritoneale. Ciò consente un'elevata diffusione e penetrazione nel peritoneo, con una rapida ripresa post-operatoria ed effetti collaterali limitati o nulli, tanto che il paziente può riprendere i trattamenti per via sistemica dopo pochi giorni dall’intervento».

«Lo scopo di queste procedure – evidenzia la dottoressa Pina Molinaro, direttore dell'Unità operativa di Oncologia del Giovanni Paolo II facente parte dell’equipe operatoria - è attualmente quello di trattare l’ascite neoplastica o la carcinosi peritoneale molto avanzata. Tuttavia stanno emergendo evidenze che orientano verso una possibile applicazione per ridurre la malattia peritoneale e portarla ad uno stadio di operabilità, o addirittura di utilizzarla come trattamento profilattico nei casi ad elevato rischio di recidiva nel peritoneo».

La combinazione dei farmaci utilizzati per queste procedure è effettuata direttamente dalla Farmacia ospedaliera diretta dal dottor Aloe che spiega: «Il medicinale chemioterapico somministrato per via intra-peritoneale a flusso d'aria pressurizzata viene allestito adeguando i protocolli di terapia ai dati antropometrici dei pazienti e sulla scorta della gravità della malattia e del performance status del paziente. È un lavoro multidisciplinare tra noi farmacisti e il medico specialista che ha in carico la persona; insieme validiamo il protocollo specifico più adeguato per una precisa situazione anatomo-clinica, che poi verrà somministrato durante l’intervento».

«I farmaci utilizzati per la somministrazione di farmaci nebulizzati ad alta pressione - afferma la dottoressa Micaela Scalese – sono quelli correntemente utilizzati nei protocolli delle chemioterapie somministrate per endovena. La peculiarità della procedura risiede nella veicolazione dei medesimi farmaci direttamente nel peritoneo in forma nebulizzata. La ridotta dimensione particellare consente al farmaco di diffondere in profondità nel peritoneo, di rimanere in situ per un tempo tale da determinare una riduzione della carcinosi peritoneale, con un conseguente miglioramento della qualità e delle aspettative di vita dei pazienti».