«Xe e Xj? Non si tratta di nuovi lignaggi: sono le sotto-varianti di Omicron che si ricombinano». Parola di Francesco Broccolo, virologo dell'università di Milano Bicocca e direttore scientifico del gruppo cerba HealthCare. In Italia la Xj è stata sequenziata per la prima volta in Calabria, prima era conosciuta per soli pochi casi in Finlandia

Fare la distinzione, spiega, è possibile in quanto «una variante ha sempre la stessa sequenza che la distingue, mentre delle ricombinazioni non si sa se sono tutte uguali, né si conosce la loro patogenicità, né la reale nicchia ecologica: sono tentativi di ricombinazione che non hanno generato una variante». Oltre a Xe e Xj, che sono ricombinazioni delle sotto-varianti di Omicro AB.1 e AB.2, ne sono state identificate altre, come Xd e Xf, che sono ricombinazioni fra Omicron e Delta.

«Il virus si ricombina perché, in un momento in cui la circolazione del virus è alta, più infezioni possono coesistere in un unico individuo, ricombinandosi», aggiunge l'esperto. «Il vantaggio evolutivo del virus è cercare di sfuggire agli anticorpi neutralizzanti indotti dal vaccino o da infezioni pregresse. La prova - osserva - è nel fatto che Omicron, fra tutte le varianti originate finora, è quella che ha avuto più successo nello sfuggire agli anticorpi grazie all'alto numero di mutazioni nella proteina spike». Secondo Broccolo «è difficile capire se quella delle ricombinazioni sia una strategia vincente: finora non abbiamo visto ricombinazioni che abbiamo dato origine e nuove varianti».

Novelli: «Normale che il virus si ricombini»

«È normale che il virus muti e si ricombini: è così che fanno i virus»: su Xe e Xj si è espresso anche il genetista Giuseppe Novelli, dell'Università di Roma Tor Vergata. «Non è un fenomeno strano, ma può accadere facilmente quando diverse versioni di un virus coesistono nella stessa persona, come le sotto-varianti BA.1 e BA.2».

È un processo naturale, dovuto al fatto che gli acidi nucleici che racchiudono il patrimonio genetico dei virus «hanno la capacità di mutare per aumentare la loro variabilità genetica». Per Novelli è importante «avere la certezza che Xe e Xj siano nuovi ricombinanti. Non è semplice farlo perché occorrono tecniche di sequenziamento complesse».

Inoltre, prosegue il genetista, «Non basta leggere le sequenze genetiche, ma bisogna interpretarle, e bisogna sequenziare molto di più». La grande differenza fra i ricombinanti e le varianti è che solo queste ultime danno luogo a una progenie. Il fenomeno della comparsa dei ricombinanti, aggiunge, «è certamente legato alla diffusione del virus», ma «è prematuro parlare della loro patogenicità: serve molto tempo per studiarle».