La professione psicologica è pronta a fare la sua parte in questa situazione di emergenza qual è quella che stiamo vivendo. Lo ha confermato Mario Sellini segretario AUPI associazione unitaria psicologi italiani, l’organizzazione sindacale nazionale, con sede in Roma, degli psicologi, intervenendo all'ultima puntata di LaC Salute, la ribrica targata LaC Tv curata da Rossella Galati«Noi siamo pronti facendo esperienza di tutto quello che è accaduto precedentemente. Quello che è importante ora è iniziare a targettizzare coloro che hanno necessità immediata di assistenza. Partendo prima di tutto dal personale medico, paramedico, infermieristico che sta affrontando una situazione molto stressante.

Le altre patologie

Il primo supporto deve essere dato a questo personale; subito dopo vengono i pazienti e i contagiati di Covid-19 che stanno vivendo una situazione difficilissima. Poi i familiari dei nostri concittadini che hanno perso la vita, privati dei loro affetti. E poi c’è il resto della popolazione, ci sono gli anziani, le persone che vivono da sole. Ma ci sono anche tutti i nostri concittadini che quotidianamente utilizzavano le strutture del Servizio Sanitario nazionale per altre patologie. Questa situazione di emergenza crea in questi soggetti uno stato di ansia continuo. E la durata di questo isolamento non ci fa capire fino a che punto quest’ansia non possa trasformarsi in disturbi e problemi psichici e psicologici davvero importanti e seri».

Gli strumenti  

Dunque come risolvere il problema? Secondo Sellini sarebbe fondamentale utilizzare strumenti che fino ad ora sono rimasti solo sulla carta come l’istituzione di un pronto soccorso psicotraumatologico negli ospedali, come riporta un documento dell’Organizzazione mondiale della sanità, elaborato per le grandi emergenze mondiali. Ma non solo. «Il Italia esistono delle linee guida – spiega il professionista – come ad esempio un regolamento del 2006 approvato dal Consiglio dei Ministri che obbligava le Aziende sanitarie e le Regioni ad istituire nelle proprie strutture le Epe, equipe psicosociali emergenze. Dal 2006 ad oggi si è fatto poco o nulla e in pochissime realtà queste equile sono state attivate. Noi come al solito siamo fortemente in ritardo».

Cosa succederà?

Dunque bisogna preoccuparsi per ciò che si sta facendo e soprattutto per ciò che ci attende? «Dipende da quanto si riuscirà a fare – spiega il segretario dell’Aupi -. A noi tutti i giorni viene comunicato quanti sono i contagiati, quanti gli ammalati, quanti i deceduti, quanti i posti di terapia intensiva attivati, quanti guariti. Però ai cittadini che stanno a casa, fino ad oggi nessuno ancora ha mai detto: “guarda che noi ci stiamo organizzando per l’assistenza e se hai problematiche di un certo tipo ti devi rivolgere a..” Tutto questo non c’è ancora e la nostra categoria di psicologi si è dimostrata assolutamente disponibile. Tant’è vero che le offerte di aiuto e consulenza sono tantissime». Anche l’ordine nazionale degli psicologi infatti ha messo a disposizione una pagina web dove contattare i professionisti disponibili a supportare le persone in difficoltà.

«Il volontariato non basta»

Però per Sellini «Con il volontariato noi non andiamo da nessuna parte. C’è bisogno dell’intervento delle istituzioni perché le conseguenze noi ce le porteremo dietro non per mesi ma per anni. Per questo ci vuole un intervento su larga scala mettendo insieme il pubblico con il volontariato. Lasciare tutto al volontariato, agli psicologi che volontariamente si mettono a disposizione non è sufficiente».

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