Una vicenda molto delicata, ma che rischia di passare in secondo piano di fronte all’emergenza Covid e ora anche alla guerra in Ucraina. Però in qualche modo connessa a entrambe queste gravi crisi. Soprattutto la seconda, considerato il caro carburanti determinato dal vertiginoso aumento del prezzo del petrolio e, di conseguenza, di benzina e gasolio. Che, come ovvio, alimentano anche i mezzi speciali adibiti al trasporto dei dializzati, siano ambulanze attrezzate o cosiddette automediche. I malati in questione necessitano tuttavia di un trattamento salvavita ineludibile da effettuare di solito tre o quattro volte a settimana negli ospedali o nei presidi clinici in cui è attivo un centro dialisi, pena come ovvio una morte anche terribile talvolta persino nel giro di appena 48 ore.

È il motivo per cui, per legge, i pazienti di cui si parla hanno diritto al rimborso, a cura dell’Asp dopo le tassative verifiche previste, del chilometraggio effettuato dalla loro residenza alla volta della struttura sanitaria in cui appunto effettuano ciclicamente lo svuotamento dei liquidi in eccesso presenti nel loro corpo e la depurazione del sangue dalle scorie azotate. Funzioni che per la patologia cronica da cui sono affetti i loro reni non riescono più a espletare senza l’ausilio delle macchine.

Il guaio, però, è che l’Asp del capoluogo pur essendo più virtuosa - diciamo così - rispetto a qualche altra in Calabria non sta effettuando i mandati di pagamento dall’estate scorsa. Ecco allora come si registra un blocco dei finanziamenti non soltanto corrisposto in via diretta ai dializzati, ma anche alle varie associazioni di volontariato e cooperative che si occupano dei loro spostamenti verso gli ospedali.

Il riferimento è a una rete di assistenza indispensabile, dal momento che spesso i malati non sono automuniti o non guidano più o non hanno un familiare con la disponibilità di tempo per accompagnarli o, infine, non riescono a mettersi al volante, magari anche di sera tardi, dopo ore trascorse attaccati a una macchina da cui sono sì curati ma uscendone inevitabilmente anche parecchio debilitati.

È la ragione per cui, a prescindere dalle condizioni nelle quali versano, nella maggior parte dei casi possono recarsi a fare il trattamento proprio grazie ai sodalizi che gli mettono a disposizione la vettura e il personale necessari per condurli nei centri medici di riferimento. Come premesso, però, da oltre sei mesi non vengono più erogati i fondi utili a coprire le spese anticipate. Aspetto messo in rilievo da uno dei responsabili delle associazioni, Osvaldo Catania.

Che ha lanciato un appello attraverso LaC proprio per “sensibilizzare” gli organismi preposti affinché non perdano altro tempo e intervengano al più presto. Un invito condiviso anche dal componente del direttivo nazionale di Aned Pasquale Scarmozzino, il quale si è soffermato in particolare sui dializzati che utilizzano la propria macchina alle prese con difficoltà logistiche di ogni genere fra cui pure il problema economico creato dai ritardati rimborsi da non sottovalutare.

Nel farlo, lo stesso Scarmozzino ha pure riferito di un caso particolare di una signora adesso addirittura 80enne di una cittadina dell’hinterland catanzarese impegnata da qualche decennio nell’accompagnare con l’auto suo marito di cinque anni più grande. Una situazione limite, ma che apre uno squarcio su uno spaccato della consueta disorganizzazione di una regione spesso “maglia nera” in cui il lungo commissariamento della Sanità ha acuito le gravi lacune e i deficit già esistenti.