Continua l’odissea per trentaquattro pazienti dializzati di Reggio Calabria costretti ad andare tre volte la settimana a Messina, in un centro privato sovvenzionato dalla regione Calabria, alzandosi anche alle quattro del mattino, per sottoporsi alle cure. Cure che devono fare per la loro intera esistenza. Questi pazienti subiscono un vero e proprio calvario, perché il reparto di nefrologia del “grande ospedale metropolitano” può garantire il servizio solo a cento persone, escludendo così  gli altri 52 malati dell’intera provincia. Nello specifico, oltre ai 34 che si recano a Messina, in sei- con propri mezzi – fanno la dialisi a Melito Porto Salvo, ed altri 12 a Scilla.

 

Malati che non solo devono effettuare questi cicli terapici, i quali mettono a dura prova corpo e mente, ma devono anche subire le inefficienze di un sistema sanitario regionale il quale inoltre, “costa” circa un milione e duecento mila euro l’anno.  «Mi devo alzare alle 4 del mattino per essere a Messina alle sei e mezza- dice alla nostra testata, la signora Filomena Bonsanti, e rientro il pomeriggio; se va bene alle tre. Non ce la faccio più; è una vergogna». La signora Filomena ha 86 anni e da oltre un anno deve sottoporsi alle dialisi; ha subito diversi interventi e attualmente ha un femore “rotto”, nonostante questo per lei il posto a Reggio Calabria non c’è. Filomena è il “simbolo” di questo calvario. Come lei sono tanti gli aniziani costretti a recarsi oltre lo Stretto.  

 

Il commissario straordinario, Massimo Scura, aveva dato il via all’assunzione di dieci infermieri e tre medici per avviare un terzo turno di cure e l’Asp doveva trovare la sede per aprire finalmente un centro di dialisi in città. Niente da fare; il centro ancora non esiste e il concorso è stato bloccato dal Tar per una serie di ricorsi. Una “soluzione tampone” era stata prevista nella creazione quindi, del turno serale di terapie (oltre quello del mattino e del pomeriggio) ma gli infermieri, precettati provvisoriamente dagli altri reparti per attivare ugualmente il servizio - nell’attesa che si sblocchi la situazione al Tar, non sono disposti a eseguire questa ulteriore turnazione e si “mettono” in massa in malattia. Un atteggiamento non condannabile, questo degli infermieri poiché sarebbero sottoposti a turni “massacranti” e non retribuiti. Il diritto alla salute non si può garantire “gratis”.

 

Tra assunzioni bloccate quindi, ed infermieri in malattia il risultato è drammatico. E ai 52 dializzati reggini resta solo subire di andare a curarsi in provincia e fuori regione. La vicenda è monitorata attentamente da “Aned”, rappresentata a livello regionale dal segretario Antonio Montuoro.

 

A livello provinciale è rappresentato invece dal delegato, Francesco Puntillo che inchiodano il governo regionale, il commissario Scura e l’Asp alle proprie responsabilità. «Proseguiremo questa battaglia- dice ai nostri microfoni Puntillo- e lo porteremo all’attenzione del ministro alla salute Giulia Grillo. Si deve trovare una soluzione per i dializzati reggini».

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