«Non fatemi sconti». Così Roberto Occhiuto, capo dell'esecutivo regionale, qualche tempo fa, rivolgendosi alle opposizioni di Palazzo Campanella. L'esortazione, per molti versi atipica, suonò come l'estremo tentativo di trasfondere un minimo di ossigeno e di linfa vitale ad un dibattito pubblico perlopiù noioso e agonico.

L'invito a non ammosciarsi, che Occhiuto inoltrò nella direzione dei suoi "antagonisti", risulta - a tutt'oggi - pressoché disatteso, nonostante gli inoffensivi mortaretti-castagnole esplosi da qualche scranno moribondo dell'assemblea. Si tratta, in realtà, di esangui petardi di Natale che malinconicamente declinano prima di essere sparati in aria dai balconi. Tric-trac, per intenderci, dalla scarsissima efficacia detonante.

Non è un caso, infatti, che su Azienda Zero, il SuperEgo di governance che, nell'intento del Presidente, dovrebbe controllare efficienza e interlocuzione fra le sonnolente Asp-monadi, i posapiano di minoranza abbiano sollevato eccezioni di metodo in luogo di più congrue eccezioni di merito. Con la solita, rancida richiesta di «tavoli allargati di discussione e di  confronto», la cui significanza è pari al Prisencolinensinainciusol di Adriano Celentano.

Come dire, la consueta supercazzola con scappellamento a sinistra, il cui potere seduttivo, presso piastrellisti, benzinai e barellieri di Calabria, è talmente scarso da farti rivalutare, come botta di vita, la letale prosa canzonettara di Dario Baldan Bembo. A maggior ragione, se minacci interpartitiche, raduni, riunioni e lungaggini abissali dai destini spesso infruttuosi. Cosicché il consumo democratico della noia protocollare, dal Pollino allo Stretto, non subisca alcun embargo. Mentre i calabresi, al contrario, reclamano agilità di governo. 

C'è di più: se non reggi il ritmo dell'afrozumba di Roberto l'elettrico, e mi ti afflosci- paroparo- dentro il ballo della mattonella, sei spacciato. Come un Memo Remigi qualunque sul palco hard rock degli AC/DC. Purtuttavia, qualche fremito, talvolta, attraversa le non cazzute opposizioni del Parlamentino regionale. Accade quando giocano a chi ce l'ha (politicamente)più lungo. La gara è da disputarsi tra Lo Schiavo, Ferdinando Laghi(cosiddetti irriducibili di de Magistris) e tutti gli altri.

Una sorta di "te lo faccio vedere chi sono io" puntualmente procrastinato a data da destinarsi. Forse, a tal riguardo, la cazzimma "maschia" dell'ex sindaco di Napoli, in Consiglio, avrebbe già sbloccato la partita. Ma tant'è. I Cinque Stelle, dal loro canto, hanno già offerto a Roberto Occhiuto le  strazianti innocenze d'ordinanza. Sempre più  simili alle dame di compagnia dell'Inghilterra di Enrico VIII, il cui compito precipuo era quello di strizzare in appositi corpetti il girovita di Anna Bolena e la cui massima ambizione, contestualmente, quella di trovare benevola accoglienza nella suadente alcova del Re.

"Il Movimento(anchilosato), Presidente, è a sua disposizione!" Del resto, dalla Commissione di Vigilanza, i pentastellati dell'Afflizione potranno sorvegliare, quali zelanti guardiani del faro, eventuali e fastidiose rotture di palle all'indirizzo della maggioranza. C'è da tenere a bada Iacucci, cazzarola! Dal fronte del Pd, d'altra parte,  non provengono fiotti di adrenalina.

Si spera solo che Raffaele Mammoliti non vada definitivamente in mammola e che Bevacqua rintracci un Cristo silano che lo trasformi in vino. Sennonché, si fa strada un brivido: l'insospettabile Nicola Irto, notoriamente democristo ed ecumenico, rischia di fare un figurone al punto da sembrarti una roba a metà tra Pancho Villa, Emiliano Zapata, Deng XiaoPing e il Collettivo rosso di via dei Volsci.

Un impulso sovversivo che non ti dico, signora mia! Come si disallinea lui, cercando di sputtanare il disallineamento altrui, nemmeno lo stonatissimo Franco Gatti dei Ricchi e Poveri rispetto agli altri tre. "Te lo faccio vedere chi sono io!" Qui si sfiora l'apogeo! Certo, se in Irto vedi addirittura Lenin, hai necessità che qualcuno ti trivelli la psiche. Impossibile, del resto, confidare in Ernesto (non Guevara) Alecci, nonostante il nome di battesimo.

Ad ogni modo, se rintracci qualcosa del Che nel giovane dem di Soverato, è chiaro che ti sei strafatto di allucinogeni. "La rivoluzione oggi no, domani forse, dopodomani sicuramente." Alè!