VIDEO | Il tragitto è lungo, non semplice e rischioso. Arrivati iniziano i lanci delle bombe a grappolo, la paura negli occhi dei residenti e la loro gratitudine verso chi ha deciso di non abbandonarli
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C’è voluto parecchio per riuscire a convincere chi di dovere a farci visitare i villaggi vicino al fronte. Ci siamo riusciti e così muniti di gap, elmetti ed io di macchina fotografica e registratore, ci siamo accodati al gruppo umanitario U.PRAVA che ci ha permesso di seguirli in questa lunga “corsa per la vita”.
Premettono che il tragitto sarà lungo e non semplice e che potremmo essere a rischio colpi di mortaio o droni. Anche se guidati da un camion contenente aiuti umanitari per i villaggi più irraggiungibili i russi non fanno differenza. Per loro nei camion potrebbe esserci qualsiasi cosa. I tempi sono stretti e gli aiuti sono molti, perché destinati a due realtà. Una città più grande e il villaggio di Milova/Melovoe a sei chilometri dal fronte.
Ci presentano alcuni componenti del team che, quotidianamente, scelgono di sostenere il proprio popolo senza ricevere nulla in cambio. Tra questi volontari anche un ragazzo tedesco che è alle sue ultime battute prima di rientrare in patria al suo lavoro.
Tanta, tantissima gente che è qui, è mossa da dovere morale o per solidarietà. Saliamo in macchina ed inizia il viaggio. Superata la prima città dove hanno scaricato numerosi aiuti, ci muoviamo verso il fronte. Da Kharkiv saranno almeno 3 ore. Entrati in zona “rossa” ci chiedono di indossare anche gli elmetti e di togliere connessione internet, perché la geolocalizzazione qui l'abbiamo dimenticata da un po'.
Mi spiegano che siamo fortunati perché il cielo è nuvoloso e questo non aiuta il lavoro dei droni. La strada è sterrata e piena di buche, ai bordi della carreggiata infinite coltivazioni di grano che con quel che si intravede del cielo azzurro ricorda la bandiera ucraina.
Manteniamo la distanza sia dal camion che dall’autovettura guidata dai volontari, perché in caso di attacco non saremmo colpiti a catena. Inoltre ci viene spiegato che in caso di conflitto a fuoco la parola d’ordine è “non fermare la macchina” ma correre fino ad uscire da zona calda.
Nel bel mezzo del nulla, dopo aver lasciato lo scheletro di un auto colpita da colpi nemici e incenerita, i volontari fermano la macchina per indossare anche loro giubbotti antiproiettile e gli elmetti. Ad accoglierci nel villaggio qualche colpo di artiglieria a poca distanza, ma appena il camion si ferma iniziano i lanci delle bombe a grappolo (anche se vietate, in questa guerra sembra essere tutto lecito).
Una donna del villaggio di Melovoe stava già aspettando gli aiuti umanitari. Quando ci vede sembra voglia parlare e così si racconta: “Quello che sta succedendo ora è molto triste, non riesco a esprimerlo a parole. Oggi alle 5 del mattino c'è stato un bombardamento così forte che avevamo paura di lasciare il seminterrato fino all'ora di pranzo. Non c'è luce, non c'è acqua. Per quanto riguarda il futuro, vogliamo davvero che questa guerra finisca, in modo che ci sia la pace.
Siamo rimasti in pochi, molte persone se ne sono andate. Sono rimasta qui perché mio marito ha avuto un ictus. Ora sta meglio, ma non si alza. Come posso lasciarlo. I nostri villaggi Balakleya e Melovoe sono costantemente bombardati, come altri villaggi. Continuano a lanciare da noi”.
Risponde alle mie domande come se avesse voglia di raccontare e come se avesse il bisogno di esorcizzare la paura attraverso la narrazione dei fatti: “Ho molta paura. Siamo un villaggio in prima linea. Non abbiamo acqua, non possiamo lavarci bene. Abbiamo persino paura di spogliarci per la notte, perché non sappiamo quando inizieranno i bombardamenti e dobbiamo di nuovo correre nel seminterrato. Gli aiuti umanitari arrivano costantemente. Dobbiamo dire grazie a loro per questo aiuto e per non essersi dimenticati di noi. Grazie ragazzi per non dimenticarvi di noi".
Mi spiega che provano a monitorare la situazione nel miglior modo possibile, questo pur non avendo luce, internet e nemmeno comunicazione.
Chiedo se c’erano famiglie russe prima della guerra mi dice di si, ma che sono evacuate in Russia dove hanno anche dei parenti. “Abbiamo molti parenti in Russia, ma ora è tutto triste. Non comunichiamo dopo l'inizio della guerra. Queste sono persone zombificate. Dall'inizio della guerra la nostra vita è cambiata molto. Siamo diventati più forti, più intelligenti, più saggi. Abbiamo imparato ad apprezzare la vita per le cose semplici che prima non capivamo”.