«Senza divisa? È una sensazione strana, è vero. Non avrei mai pensato di essere personaggio pubblico. Ma non mi sono mai montato la testa, so che può finire tutto da un momento all'altro».
Il generale Roberto Vannacci è in Calabria, sua prima volta, per presentare e discutere de "Il mondo al contrario", il libro che gli ha causato un grosso polverone politico e mediatico, culminato con la quasi sicura candidatura alle prossime europee nelle liste della Lega. Ma con il Carroccio ci sono ancora parecchie cose da concordare. 

«Sono ancora in valutazione, mancano pochi giorni, poche settimane alla presentazione delle liste - dice al nostro Network il 55enne spezzino all'interno del teatro Costabile di Lamezia Terme - quindi nel giro di poco saprete quelle che sono le mie valutazioni».

L'ex comandante dei paracadutisti della Folgore respinge ogni accusa di antisemitismo, «scagliata forse da chi -  afferma - anche qui in Calabria non ha neppure letto il libro».

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Le hanno dato del nazista, del fascista: possibile che non l'abbiano turbata queste appellativi?
«Certo che mi hanno turbato, ma ho commentato l'infondatezza di tutte queste offese. Posso dire però che poteva andare anche peggio, mi potevano anche sparare e invece si sono fermati alle offese». 

Le sue idee sui possibili grandi temi da sostenere in Europa sono chiare.
«Intanto ci tengo a dire che io mantengo la mia identità di coerenza. I settori su cui partire non mancano, c'è quello dell'energia, con il green deal, la parte ambientalista ideologica, anche la parte valoriale potrebbe essere una delle linee di condotta per riaffermare l'identità europea che forse in questi giorni ci siamo accorti, non essere particolarmente solida».

I venti di guerra che soffiano inducono a chiederci sia sotto l'aspetto civile che quello bellico se l'Italia dopo l'emergenza Covid sia pronta per altri scenari.
«Riprendo un antico motto latino: se vogliamo un futuro di pace, dobbiamo comunque prepararci ad affrontare invece la guerra».

Il Ponte sullo Stretto lo trova in sintonia con le posizioni del ministro Salvini.
«Credo che noi come italiani, che siamo eredi diretti dei romani, siamo i primi costruttori di grandi infrastrutture. E avendo anche io visto con i miei occhi di che cosa siamo capaci come popolo in tutto il mondo, ritengo che probabilmente anche in Italia dovremmo dare sfoggio delle nostre capacità. Ed il Ponte ne sarebbe la migliore rappresentazione».