«Ci sono tante cose assurde che avvengono in Calabria, e poi vedo un'attenzione dell'Asp nello spendere 100mila euro per l'affidamento all'Università delle Marche per la formazione e per altre attività, e spende in affidamento diretto 160mila euro per una cartella digitale per i diabetologi, quando i diabetologi non hanno spesso i computer e non hanno internet. Io domani andrò a Taurianova dove mi ha chiamato una signora disperata perché il marito ogni volta che va a fare la dialisi rischia di morire, perché il macchinario è guasto, non funziona, e si blocca. Così il marito rischia di morire, ha avuto anche delle perdite, e ha chiamato le forze dell'ordine perciò ci dovrebbe essere anche una denuncia ufficiale agli atti. Io ho cercato un po' su internet di capire quanto costa un macchinario per la dialisi: dai 25 ai 40mila euro. Mi chiedo come è possibile che ad oggi avviene questo in Calabria e mi si dice che si vuole uscire dal Commissariamento che la sanità sta arrivando ai Lea ordinari coi semafori rossi, ma quali Lea, ma dove sono sti Lea…»

L’ospite della nuova puntata di “A tu per tu”, format della testata ilReggino.it, è il consigliere regionale in quota Partito democratico Giovanni Muraca, reduce dalla maratona del Consiglio regionale tematico sulla sanità.

Consigliere Muraca, l’ha soddisfatta il dibattito sulla sanità dell’altro ieri in Consiglio regionale?
«Sono soddisfatto di come si è comportata l'opposizione in generale, non solo il Partito Democratico ma anche il gruppo di Lo Schiavo e i cinquestelle hanno toccato punti sensibili e importanti sulla problematica della sanità. A nostro avviso anche la relazione stessa parla di aspetti formali, dal punto di vista del bilancio, dei numeri, dei Lea, ma che non vedono un riscontro concreto nella realtà, nei problemi quotidiani che noi viviamo nei territori. Cioè loro parlano di numeri, noi vediamo quello che avviene negli ospedali, negli Spoke, al Gom, e chiaramente non riscontriamo che i numeri siano migliori e che la situazione sulla sanità calabrese sia migliore, anzi, noi abbiamo visto un peggioramento e paradossalmente gli stessi dati che ha richiamato Amalia Bruni sull'emigrazione sanitaria e sulle liste d'attesa confermano quello che noi viviamo tutti i giorni, cioè un dato peggiorativo sulla sanità calabrese. Io tra l'altro vivo gli ospedali, parlo con i cittadini, e mi confermano che la situazione è disastrosa tranne pochissime realtà, dove dei medici che fanno veramente dei miracoli, lavorando ore e ore in più di quello che dovrebbero fare da contratto, anzi sforando i limiti di legge, riescono a tenere in piedi i reparti. Ma solo dove ci sono quei medici, dove si è puntato sulla capacità dei medici si riesce a sopperire e a dare un servizio diciamo sufficiente, in qualche caso più che sufficiente».

Lei è stato quasi un martello pneumatico sui temi della sanità, soprattutto reggina, perché è il tema dei temi in Calabria, anche con interrogazioni dirette al presidente Occhiuto, ma non sono solo questi i nodi che riguardano più strettamente la provincia reggina…
«Sì e l’ho detto anche nel mio intervento in Consiglio. Il grosso problema che paradossalmente è connesso alla sanità nella nostra regione sono le infrastrutture. Purtroppo i nostri territori non hanno strade, non sono collegati correttamente dalle ferrovie, perciò anche chi ha esigenza di curarsi spesso deve prendere il proprio veicolo e fare i chilometri. Ma finché è un controllo, finché è una cosa diciamo programmata, ben venga. Ma quando scatta l'urgenza e quando io parlo con un cittadino di Pazzano che mi dice che la guardia medica è chiusa e spesso, e che per arrivare all'ospedale di Locri ci mette un'ora perché la strada è quella che è; e quando chiude la Galleria della Limina, senza bypass, e non si può raggiungere l'ospedale di Polistena, diventa un problema collegato alla sanità, perché non abbiamo le infrastrutture. Un tema drammatico che i calabresi vivono ogni giorno».

Lei è anche l'unico consigliere di opposizione della nostra provincia. Come riesce a farsi ascoltare e a farsi valere anche rispetto ad altri consiglieri comunali di questa provincia che sono in maggioranza?
«Se pensiamo a quanto appena detto, questo chiaramente crea una difficoltà oggettiva, perché paradossalmente quando vado ad una riunione di gruppo regionale e mi devo recare a Cosenza, io arrivo molto prima che a Bivongi. Perché per arrivare a Bivongi io ci metto due ore, per arrivare a Cosenza ci metto un'ora e mezza. Questo mio ruolo, che sto cercando di portare avanti con la massima serietà coprendo tutto quello che è di competenza del mio collegio e della mia provincia, implica una fatica importante perché non ho colleghi con cui confrontarmi, con cui fare un'opposizione, con cui diciamo gestire le emergenze. Io devo fisicamente mettermi in macchina e girare tutto il territorio e questo mi ha dato una grande possibilità, perché sto ascoltando veramente centinaia di cittadini. Chiaramente mi crea anche la difficoltà di riuscire a dare risposte, a fare da megafono a questi cittadini, che spesso non hanno voce non riescono a farsi sentire dalla pubblica amministrazione».

Essere l'unico terminale a cui poi tutti i cittadini si rivolgono effettivamente è un compito arduo. Questa cosa le fa pensare un po' al suo futuro? Nel senso che molti hanno accostato anche il suo nome a quelli di eventuali candidati a sindaco, in quota Falcomatà, altri invece vedono un futuro sempre in Consiglio regionale. Ecco lei già ci sta pensando?
«No, io non mi sento pronto a fare una cosa del genere. Quella di fare il sindaco, di amministrare la città di Reggio Calabria e la Città Metropolitana è una responsabilità importantissima. Io non mi sento assolutamente di fare questa cosa, sono lusingato se qualcuno può pensare che io sia in grado di farlo, ma sinceramente io non mi sento pronto a questo passo e non lo vorrei nemmeno fare a dire la verità. Io vorrei ricandidarmi a consigliere regionale se i calabresi riterranno che ho dato loro un servizio adeguato».

Come legge la disponibilità e l’ambizione di Falcomatà che, sostanzialmente, si è candidato alla presidenza del Consiglio regionale?
«Chiaramente il sindaco ha dato la sua disponibilità al partito rispetto alla sua esperienza amministrativa e rispetto al suo percorso politico che l'hanno visto presidente di circoscrizione, consigliere comunale e sindaco per due mandati. Questa sarebbe per lui un'evoluzione naturale. È chiaro che poi è una scelta del partito, ci sono meccanismi nazionali, equilibri che non sono semplici da snocciolare, però insomma il sindaco ha dato la sua disponibilità… Chiaramente per noi sarebbe la scelta migliore, ma credo anche per il Partito Democratico in generale, sicuramente per la mia opinione. Speriamo che questo possa avvenire, anche perché se si dovesse ricandidare Occhiuto serve una figura forte e autorevole e che abbia la capacità di confronto, e su questo sicuramente Falcomatà ne sarebbe in grado».

Parliamo della città. Da quello che sappiamo in questo momento si dovrebbe tornare al voto nella primavera del 2026, dopo due consiliature targate Falcomatà e di cui ha fatto anche orgogliosamente parte: che città sta lasciando il Pd e il centro-sinistra?
«Grazie per la domanda, perché questo è un tema per me molto importante. In questo caso, rispetto alla percezione, rispetto alle idee o rispetto alle opinioni politiche, a volte pure strumentali, io mi vorrei soffermare sui numeri e sui fatti concreti. Il sindaco prende una città in dissesto con una massa passiva di debito ancora non certa tra i 300 e i 500 milioni di euro, trova una società Atam anche in liquidazione, trova Multiservizi sciolta, e l’ex Leonia chiusa perché era transitata ad AVR con i lavoratori non pagati. Trova un disastro. E trova anche la spazzatura senza differenziata sulle strade. Questo è il punto di partenza. Purtroppo poi la gente giustamente si dimentica quella che era la situazione. Oggi però cosa lascia il sindaco? Oggi il sindaco lascia Atam che è tra le migliori società in Italia rispetto al parco auto e rispetto anche alla capacità finanziaria che è stata sanata; trova una società in house senza il privato, la Castore, che assume moltissimi anche degli ex dipendenti multiservizi, una parte dei quali, anche grazie alla Regione targata Oliverio, vengono reinseriti nel bacino lsu-lpu con la famosa Legge 31 e stabilizzati al Comune. Perciò oggi abbiamo una società in house che non ha problemi economici e sta cercando di reggere i servizi. Questa è l'evoluzione. Chiaramente dobbiamo migliorare, va ridotto il fondo di dubbia esigibilità che è anche quello che taglia i bilanci e che sarebbe la quota purtroppo di molti cittadini che ancora non riescono, anche a volte in maniera dolosa, a pagare le tasse. Su questo bisogna migliorare, ma devo dire che l'avvocato Mazzotta ad Hermes sta facendo un miracolo, è riuscito a ridurre l'evasione e adesso dovrà, diventando concessionario, lavorare sulla coattiva. Ma soprattutto abbiamo riaperto i cantieri, abbiamo fatto molte strade e piazze e le ditte reggine e non reggine che non partecipavano più agli appalti pubblici del comune di Reggio Calabria oggi hanno di nuovo fiducia nell'amministrazione. Ha avuto fiducia lo Stato, erogando risorse sulla sostenibilità e sulla fiducia a Falcomatà che il comune potesse essere recuperato, e questo lui l'ha fatto: è stato concreto e Reggio perciò da un Comune sciolto per mafia che non aveva alcuna credibilità nei tavoli romani ne esce come una città normale nei bilanci, ancora in difficoltà nei suoi servizi, ma che finalmente ha un programma politico, ha delle opere importantissime che cambieranno Il volto della città come il Museo del mare, il Parco lineare Sud, tutto il fronte mare, il lungomare di Gallico e di Pellaro… Questa è la visione che oggi ha lasciato Falcomatà e bisogna valutare il suo lavoro rispetto al punto di partenza».

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