L’annuncio è di Pino Aprile – giornalista, scrittore, meridionalista – che stasera, alle 18, l’avrà ospite in diretta Facebook: Sara Scarpulla, madre di Matteo Vinci, vittima dell’autobomba esplosa a Limbadi il 9 aprile del 2018, sarà candidata al consiglio regionale della Calabria nella lista del Movimento 24 Agosto per l’Equità territoriale. Una «eroina antimafia», scrive Aprile, che rilancia – peraltro – la proposta della stessa Sara Scarpulla e del marito, Francesco Vinci, di apporre una stele, davanti al Comune di Limbadi, che ricordi i nomi delle vittime di mafia.

«Le persone perbene – scrive Pino Aprile – devono tantissimo alla coerenza, all’esempio e al dolore dei Vinci, privati dell’unico figlio». Il Movimento per l’Equità Territoriale, così, candida Sara Scarpulla, perché lei sia «voce dell’antimafia nelle istituzioni, nella massima rappresentanza politica della Calabria. Quale tappa ulteriore di una battaglia per la legalità che a suo figlio è stato impedito di continuare».

Pino AprileSpiega Pino Aprile: «Sara non voleva accettare la nostra offerta di candidatura. La tragedia che ha devastato la sua famiglia ha ucciso il futuro. Matteo era l’unico figlio; Ciccio è rimasto invalido; Sara ha sulle spalle il dolore e la memoria. “Come faccio, con quello che ho nel cuore e a casa?”, ci aveva detto. Non volevamo forzare la sua volontà, ma due cose, giusto due, era mio dovere dirgliele “Sara, hai ragione; forse noi chiediamo troppo, pretendendo che tu torni a batterti dopo quello che vi è stato fatto. Ma il guaio con la mafia è proprio questo: piegano gli altri con i dolore e passano sulle loro vite. È difficile fare di quel dolore un’arma di giustizia, ma non ce n’è un’altra per chi è stato colpito così duramente. Diciamo così, allora: non lo chiedo a te, ma a tuo figlio. Cosa avrebbe risposto?”. Sara ha taciuto, qualche ora dopo ha mandato un messaggio: Matteo non si sarebbe tirato indietro. Siamo onorati, commossi e fieri di dire ai calabresi perbene, ai nostri giovani costretti ad andare via sfiduciati: se Sara, con la sua famiglia e quello che ha patito, riprende a battersi per una Calabria migliore, nessuno di noi può fare di meno. Il suo esempio è la nostra bandiera»