La prospettiva fornita dalla Commissione europea all’Assemblea plenaria dei presidenti dei Consigli regionali comincia a fare paura. E se è vero che il presidente Irto e la coordinatrice D’Amelio hanno salutato con soddisfazione l’unità delle Regioni nel chiedere all’Europa un’inversione di tendenza rispetto al Pac 2021-2027, la realtà è che la Calabria, insieme alle altre Regioni del Mezzogiorno, rischia moltissimo.

Il taglio del 10% previsto per la Politica agricola comunitaria (Pac), con una sforbiciata vicina al 30% al Feaga (Fondo europeo agricolo di orientamento e garanzia), rischia di mettere in ginocchio il già fragile sviluppo del Meridione e della sua agricoltura.

Nicola De Michelis, capo di gabinetto del Commissario europeo delegato, ha snocciolato dati impietosi. Il Pil negli ultimi dieci anni si è ridotto del 10% come media e l’emigrazione sta spopolando il Paese. Non solo esiste il flusso, sempre più pesante dei cittadini del Sud che vanno verso il Nord, ma anche quello degli italiani che espatriano verso altri Paesi europei. Ad un ritmo di 250mila all’anno, secondo la relazione fornita da De Michelis. In pratica annualmente scompare dall’Italia una cittadina di medie dimensioni.

Come se ciò non bastasse la Commissione non tollererà più la lentezza della spesa in Italia. «Eppure le regole sono uguali per tutti i Paesi», ha sottolineato De Michelis. Ma i Paesi dell’Est crescono a ritmo vertiginoso, mentre le Regioni del Sud rimangono ferme al palo. Sotto accusa la burocrazia, la normativa italiana (specialmente quella che regola gli appalti pubblici) e la gestione politica.

Anche per questo la Commissione ha intenzione di introdurre nuove regole per la rendicontazione dell’utilizzo dei fondi comunitari che tengano in considerazione non soltanto la spesa degli stessi, ma anche gli effettivi risultati prodotti. Regole che spaventano le classi dirigenti alla guida delle Regioni.

 

Insomma, senza un cambio di marcia la Calabria rischia moltissimo. Lo sottolinea anche il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Alessandro Nicolò. «Se l’orientamento di Bruxelles è quello di un arretramento dell’Unione con la riduzione del cofinanziamento europeo – spiega Nicolò - significa che le Regioni non sono riuscite a governare i processi, che le politiche fin qui attivate non hanno centrato gli obiettivi della crescita né sono riuscite ad assicurare quella svolta e quel valore aggiunto per le aree più depresse. In Italia l’eccesso di burocratizzazione e la lentezza sono stati il tallone d’Achille assieme all’utilizzo dei fondi strutturali come fondi ordinari e tante, troppo volte, si è registrato il disimpegno automatico con l’obbligo di restituzione delle risorse non spese. A più riprese - prosegue - sono state stigmatizzate criticità che avrebbero imposto un diverso impulso e una differente gestione dei processi. Occorre un cambio di passo contro un’impostazione assistenzialistica e contro scelte improntante a logiche di consenso e clientelari che non produrranno crescita».
«Serve - rilancia il consigliere regionale - costruire un sistema economico e produttivo incentrato sull’imprenditorialità e sulle iniziative dei giovani che hanno scommesso di investire su questa terra e in agricoltura. La riflessione emersa alla Plenaria è soprattutto politica. Amministratori e funzionari pubblici devono raccogliere la sfida che è stata lanciata e lavorare per la programmazione 2020-2027 affinché si garantisca celerità e qualità della spesa in settori strategici da cui dipende il futuro dei nostri territori e comunità».

Riccardo Tripepi