L’esponente della Lega si rivolge alla governatrice con il solito linguaggio evangelico per sollecitare interventi a favore delle famiglie con disabili invece di porre la questione in giunta dove siede al fianco della presidente
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«Cara Presidente Santelli, ti scrivo». Sono decine le lettere e le email che quotidianamente vengono indirizzate all’ultimo piano della Cittadella. Per chi non ha canali di comunicazione preferenziali, amici e amici degli amici a cui affidare le proprie istanze da recapitare alla governatrice, non resta che ricorrere alla posta, elettronica o meno che sia.
Singolare però che lo stesso approccio, nel caso specifico una lettera aperta, venga adottato anche da chi la Santelli dovrebbe vederla tutti i giorni, per lavorarci fianco a fianco. Soprattutto in un frangente emergenziale come quello attuale, che richiede decisioni tempestive e grande affiatamento nella squadra di governo.
Dunque, ha un effetto straniante l’appello che il vice presidente della giunta regionale, Nino Spirlì, ha rivolto attraverso la stampa alla presidente, per sollecitare una sua risposta alle esigenze delle famiglie di bambini e adolescenti affetti da autismo e altre disabilità.
«Come saprai – scrive l’esponente della Lega a chi, in teoria, dovrebbe sedergli a fianco -, la chiusura totale delle attività specialistiche ha previsto anche il fermo dell’attività di sostegno per bambini e non, colpiti da questo gravissimo disagio.
Le famiglie, senza aiuti, sono allo stremo! La mancanza di terapie di sostegno sta causando gravissimi e pericolosissimi squilibri a questi nostri sfortunati fratelli. E noi non possiamo permetterlo».
Nobilissimo intento, su questo non ci piove. Ma perché usare una lettera che sembra una supplica alla Madonna più che l’azione di un amministratore che occupa il gradino appena sotto a quello della governatrice?
«Ti chiedo di autorizzare, seduta stante - continua la missiva -, la ripresa, chiaramente in sicurezza, delle terapie specifiche, per l’autismo in tutte le sue forme. Salvaguardare la salute e l’equilibrio delle persone più deboli, fortifica le famiglie e aumenta la loro affettuosa disponibilità nei confronti di questa nostra Istituzione che si sta dimostrando attenta e umana quanto e più delle Istituzioni nazionali».
Il vice presidente ci ha ormai abituato alla sua retorica evangelica, che sicuramente affonda le radici in una fede autentica e solida, ma che mal si adatta alle situazioni istituzionali in uno Stato orgogliosamente laico per definizione e in una regione, che - per quanto devota - non risulta sia ancora stata annessa al Vaticano. Pur volendo sorvolare su questo, non si capisce perché, invece di scrivere una lettera che gronda cristiana compassione, Spirlì non agisca direttamente per porre la questione in giunta e sollecitare, dall’alto della sua carica, l’assessore competente in materia di Walfare, Fausto Orsomarso.
Anzi, a questo punto non si capisce proprio cosa faccia il vice presidente della giunta, che al suo attivo ha per ora solo una puerile campagna di promozione dei prodotti calabresi (ma usando foto di un supermercato di Helsinki, in Finlandia), con tanto di logo della Lega, su uno dei sui profili Facebook, immagini poi cancellate dopo la valanga di polemiche che l’ha travolto.
«Sono certo – conclude Spirlì nel suo appello - che troverai la convinzione della giustezza di questa mia richiesta e non chiuderai le porte alle accorate richieste di tante, troppe, famiglie disperate».
Giusto. Cominci lui a non chiudere la porta in faccia a queste famiglie, facendo quello per cui è pagato: il vice presidente della Calabria. Perché a scrivere una lettera sono bravi tutti.