Tutti gli articoli di Politica
PHOTO
'La notizia diffusa nelle scorse ore secondo la quale la Calabria è ultima nella classifica dei livelli essenziali di assistenza sanitaria, sebbene non ancora ufficialmente confermata, non può passare sotto silenzio o rimanere nella sola cronaca giornalistica, magari soltanto per qualche giorno.
Il rischio, o meglio la certezza, che anche tale ennesimo drammatico “primato” della Calabria percorra le coscienze di ciascuno di noi in modo troppo fugace, ci impone di “rimanere sulla notizia” senza soluzione di continuità e senza alibi, evitando la tentazione che ogni parte politica addebiti all’altra le responsabilità di tale allarmante condizione: i calabresi non possono contare neanche su minimi livelli di assistenza sanitaria.
Non mi interessa, in questa sede, indagare sugli errori di ciascuno o sugli effetti disastrosi riferibili al prolungato periodo di commissariamento della sanità calabrese.
Mi preme, invece, soffermarmi sui vincoli stringenti imposti dalle regole del Commissariamento: risparmio, riduzione della spesa, parsimonia nella erogazione dei servizi sanitari assistenziali, oculatezza nella gestione economica delle “aziende” sanitarie.
Nessuno pensa che non si debbano eliminare gli sprechi, ma il taglio indiscriminato delle risorse finanziare, nel settore della sanità, conduce inevitabilmente ad una privazione del diritto alla salute dei cittadini.
Non ricordo come e quando fu deciso che la “sanità” dovesse essere organizzata in “aziende”, ma solo il termine utilizzato la dice lunga sulla tutela del diritto alla salute garantito dalla Costituzione, quando i nostri “padri costituenti” pensarono e scrissero l’art.32 “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.
L’istituzione delle “aziende” sanitarie ed ospedaliere, che doveva riferirsi ad un modello di gestione imprenditoriale nel senso più virtuoso, cioè quello dell’efficienza e della eliminazione degli sprechi, è stato interpretato nel senso più deteriore, cioè limitato al rispetto di conti economici e di budget, senza alcuna reale attenzione alla qualità dell’assistenza fornita ai cittadini bisognosi di cure. Se l’azienda sfora i budget di previsione perché si è ammalato qualche cittadino in più, gli altri non si possono curare. Senza contare che il rispetto di bilanci sempre più poveri di risorse, uniti all’inefficienza, all’inappropriatezza, agli sprechi e al soddisfacimento di interessi particolari o clientelari, comprimono drammaticamente la possibilità di erogare servizi di qualità ai pazienti.
In sostanza ci troviamo di fronte ad un vero e proprio paradosso, non solo nominale, ma di sostanza: le aziende sanitarie e quelle ospedaliere, pur di mantenere un equilibrio economico, o peggio ancora, di garantire risultati di bilancio positivi, riducono i servizi erogati al di sotto delle aspettative, o peggio ancora delle effettive esigenze, della collettività.
E’ evidente che le aziende sanitarie, così strutturate e malgestite dalla politica locale, non sono in condizioni di raggiungere le finalità per le quali sono state istituite.
Lo Stato, dunque, la cui unica preoccupazione è oggi esclusivamente quella di tagliare risorse, si assuma la responsabilità e il dovere di tutelare la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, impegnandosi direttamente nella gestione, anche attraverso una modifica al titolo V della Costituzione, e sottraendola a quella mala-politica che si è dimostrata inefficiente e spesso clientelare.
Una gestione diretta, quindi, che non può essere però confusa o assimilata con l’attuale commissariamento, il cui unico fine è stato quello di tagliare la spesa in maniera drastica e lineare, senza alcuna attenzione ai reali bisogni del territorio e degli operatori, che da soli, con professionalità e sacrificio, hanno consentito che il sistema sanitario non collassasse completamente.
Ricordando che al centro della sanità bisogna riportare il cittadino, debole e vulnerabile di fronte alla malattia, e non dimenticando mai che chiunque può aver bisogno di essere curato, e non sempre sarà avvertito per tempo, non sempre avrà il tempo di “volare” a Roma o a Milano, e per questo non è giusto che paghi i guasti di una sanità gestita per soddisfare obiettivi clientelari ed elettoralistici anziché secondo il principio ineludibile della meritocrazia'.