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«Per legge Antonio Belcastro, noto anche per la scena dei topini di Report, non può dirigere più alcuna azienda della sanità calabrese. L'articolo 9 della legge regionale 22/2010 stabilisce, infatti, che dalla Regione Calabria non possono ricevere incarichi quanti nell'esercizio delle funzioni abbiano adottato o concorso ad adottare atti o provvedimenti che abbiano causato stati di accertato disavanzo finanziario o perdite di esercizio». Lo dichiara la deputata M5s Dalila Nesci, che aggiunge: «Prima di nominare i nuovi commissari aziendali previsti, la giunta Oliverio revochi l'incarico a Belcastro, del cui curriculum riporto un'utile sintesi. Nel 2009 egli fu direttore generale dell’Azienda ospedaliera dell'Università di Catanzaro, il cui bilancio fu bocciato con delibera di giunta regionale n. 34 del 10 dicembre 2010, dato il passivo di oltre 13 milioni di euro. Nel 2013 fu direttore amministrativo del policlinico universitario e il bilancio fu bocciato con decreto del commissario ad acta n. 79 del 7 giugno 2015, a causa di un passivo di oltre 15 milioni di euro. La stessa sorte a breve toccherà al bilancio 2014, destinato alla bocciatura a causa di un deficit di 26 milioni». «Nonostante il preciso divieto della legge regionale – sottolinea la parlamentare M5s – Belcastro, sempre approvato dal rettore Quattrone, fu nominato nel 2014 e confermato nel 2015 a capo dell’azienda ospedaliera dell'Università di Catanzaro. Un manager politicamente benedetto, buono per Scopelliti come per Oliverio. Al suo fianco Belcastro nomina Caterina De Filippo quale direttore sanitario aziendale, dal 2009 sino a oggi. I due condividono la responsabilità dei bilanci bocciati». «Sia Belcastro che De Filippo – conclude Nesci – risultano nel nuovo, recente albo dei direttori generali. Pertanto, hanno attestato di essere in regola con l’art. 9 comma 7 della legge 22/2010, presente nel modulo per autocertificazione che ogni candidato alla direzione generale è obbligato a firmare. Sollecito la giunta regionale a rimuovere l'illegittimità già commessa con la nomina di Belcastro, nella proverbiale latitanza del dipartimento per la tutela della salute».