Fagocitato dalle procedure parlamentari e imbrigliato dalle regole costituzionali il leader della Lega ha imparato a sue spese che il Parlamento non è il Papeete
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Oh, my God! direbbero gli inglesi. Ma visto che siamo in Italia, forse è più appropriato un Mamma mia! Espressione folcloristica almeno quanto quello che è successo al Senato, con la discussione sulla mozione di sfiducia nei confronti del premier Giuseppe Conte promossa dalla Lega. Anzi, solo da Salvini, perché come ha confermato nelle ultime ore Giancarlo Giorgietti, braccio destro del Capitano, nel Carroccio non c’è democrazia e decide solo il capo.
Ho visto cose che voi umani...
Mamma mia! Una cosa così non si era mai vista né immaginata neppure nelle più ardite fantasie di hardcore politico. Una cosa così, in effetti, neppure dovrebbe esistere nella realtà, se non fosse che la realtà era lì, trasmessa in diretta streaming dallo stesso Senato della Repubblica italiana. Ed era lì a dirci che dietro tutta questa pomposa forma, le ossessive liturgie parlamentari, gli uscieri in livrea come maggiordomi ottocenteschi che servono il caffé, dietro i fregi e i simboli sacri della democrazia, dietro tutto questo ci sono miserie e limiti degni della più usurata commedia all’italiana. Nel suo ultimo sussulto di vita, il governo gialloverde ha dimostrato davvero di essere il governo del popolo, con la P minuscola però, quello di cui parlavano i film di Steno e Monicelli.
Come la partita di Fantozzi: 20 a 0
Una crisi aperta in pieno agosto da Salvini sotto la spinta ormonale innescata da sondaggi che favoleggiavano di esiti plebiscitari, un po’ come il fantomatico risultato di 20 a 0 della partita Italia – Inghilterra che Fantozzi può solo immaginare perché costretto dal mega direttore a sorbirsi il montaggio analogico della corazzata Kotiomkin. Una cagata pazzesca che il re del Papeete non sopportava più, inebriato dal sudore delle ragazze immagine dei beach party, sedotto dal consenso delle piazze e galvanizzato dal ruggito della Bestia, come si chiama la sua macchina della propaganda sui social.
Il Capitano è andato a sbattere
Così, il Capitano è andato a sbattere come uno Schettino qualsiasi, prontissimo ad abbandonare la nave se qualcuno non lo avesse costretto a tornare a bordo, cazzo! E come uno Schettino qualsiasi si è ritrovato al Senato a giustificarsi per parare le randellate di Giuseppe Conte, che paradossalmente, nell’ultimo giorno del suo (primo?) governo, ha mostrato tutto il carattere e la determinazione che sinora non aveva neppure accennato. Il premier uscente, con il linguaggio moderato e forbito che lo contraddistingue, gli ha rinfacciato tutto. Ma proprio tutto. Dal Russiagate alla inquietante voglia di potere assoluto, esternata incautamente dal leader della Lega («Datemi pieni poteri») la sera della rottura, durante un comizio tenuto l’8 agosto scorso a Pescara. Parole che a molti hanno ricordato ciò che disse e mise in atto Benito Mussolini nel 1922, quando fece approvare dal Parlamento la legge delega che di fatto istaurò la dittatura. È stato in quell’istante, forse, che gli anticorpi del sistema politico italiano sono andati in circolo facendo scattare tutti gli allarmi e convincendo anche i più riottosi che la misura era colma. È allora che l’ascesa incontrastata di Salvini è degradata in farsa, con buona pace dei sondaggi e delle folle osannanti sui social.
Come uno scolaretto sorpreso dal preside
Il voto subito è sparito dall’orizzonte temporale, la crisi è stata portata in Parlamento e il Quirinale ha guidato il gioco in silenzio, dettando tempi e modalità secondo il rigoroso spartito imposto dalla Costituzione. Una volta strappata dai palchi dei comizi in costume e vestita di solenne ufficialità, la crisi di governo inventata di sana pianta una notte d’estate è apparsa in tutta la sua goffaggine. E Salvini ha accusato il colpo apparendo confuso e agitato, incapace di gestire il linguaggio del corpo quando, seduto al fianco di Conte, in piedi per il suo severo intervento di apertura, è stato costretto a subire la ramanzina del preside come uno scolaretto sorpreso a sparare petardi nell’androne della scuola. No, non si fa.
Non è la fine politica di Salvini
Questa non è la fine di Salvini, che continua a mietere centinaia di migliaia di like come una star del web. Ma questo non è un reality dove puoi farti strada semplicemente “nominando” chi deve uscire dal gioco. L’Italia è un Paese spesso grottesco con una Costituzione però tremendamente seria, scritta a suo tempo proprio per evitare nuovi azzardi populisti dopo quello che ci aveva condotto dalla parte sbagliata della storia. Tutte cose che ieri Salvini ha imparato a sue spese.
Enrico De Girolamo
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