Lotte e strategie interne in vista delle prossime elezioni in Calabria e la scelta del candidato presidente. Mentre Irto e il centrosinistra tentano di evitare un clamoroso terzo posto
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"Mentre a Roma si pensa sul da farsi, la città di Sagunto cade espugnata dai nemici". La versione italiana di una nota citazione in latino ci serve per porre una questione molto seria: quale sorte tocca a una Calabria (sempre inguaiata per storiacce connesse all'infiltrazione della più potente mafia del mondo nella politica e non solo, ahinoi), di cui tutti sembrano volersi disinteressare in una capitale dove peraltro partiti e dirigenti di primo piano hanno problemi di corruzione che (come si usa dire) già la metà basta? Gli tocca restare in balia di se stessa? Proprio un bel dilemma.
La Calabria del tutti contro tutti, anche e soprattutto in politica. Una terra dilaniata da una guerra per bande, così appare la Calabria. In cui, seppur in termini meno eclatanti, si consuma una lotta intestina anche all'interno delle maggiori coalizioni in campo per la candidatura a governatore. È il caso del centrosinistra, dove però il clima da "8 settembre" ovvero da "liberi tutti" porta a un minore appeal alla medesima designazione comunque allo stato conferita dal Pd al giovane maggiorente locale Nicola Irto. Il quale però, almeno al momento, pare più impegnato a evitare un clamoroso terzo posto che a competere per la vittoria. La condizione di confronto acceso (eufemismo!) la si avverte quindi in modo assai più acceso nel centrodestra, in cui il profumo di nuovo successo o comunque una partenza in pole position apre scenari da corrosiva competizione fra alleati. Un portato, dato da non sottovalutare, anche della futura corsa per la leadership al Governo del Paese.
Fuga per la vittoria nel centrodestra
Non è ancora tempo di elezioni a Roma, ma il dopo Draghi forse prossimo "inquilino" del Colle (con la del tutto residuale, per non dire fantasiosa alla luce dell'attuale assetto parlamentare, ipotesi Silvio Berlusconi) già si intravede. E, stando ai sondaggi quasi blindati che si leggono un po' dappertutto, l'affaire successione a Palazzo Chigi dovrebbe essere una faccenda di assoluta pertinenza di Lega e Fratelli d'Italia con un contributo determinante di Forza Italia e l'apporto delle altre piccole 'gambe' della coalizione. Fatto che si riverbera sulla periferica Calabria, in cui le cose arrivano sovente di...rinculo o per inerzia, con l'indicazione di Roberto Occhiuto da parte degli Azzurri del Cav a candidato governatore del centrodestra.
Forte investitura corroborata da un Occhiuto (capogruppo dei deputati forzisti) molto sotto i riflettori, anche uscito pubblicamente nel weekend accanto al plenipotenziario Antonio Tajani in una conferenza stampa da Montecitorio in cui si è rivendicato il ruolo del suo partito nel decreto che prevede - tra l'altro - le agognate riaperture in sicurezza, pur se parziali, delle attività dedite alla somministrazione di alimenti e bevande. Mera coincidenza, sia chiaro, però a distanza di qualche ora si è subito notata sui social una Wanda Ferro (parlamentare vicina a Giorgia Meloni e con un lungo trascorso nelle istituzioni locali del capoluogo e della regione) con indosso una felpa che trasuda militanza e rende omaggio alla città natale, Catanzaro, e in bella mostra (fin quasi a coprirle il viso) il palmo sinistro della mano su cui campeggia la scritta: "Riaperture libertà". Un caso, certo, lo abbiamo premesso, ma che arriva quando le voci di un suo 'assalto' al ruolo di alfiere della coalizione invece promesso a Occhiuto lasciano pensare a un derby Fi-Fdi non certo da considerarsi alla stregua di un incontro amichevole. Nemmeno nella marginale Calabria.
Un "posto" per Spirlì
Ma se così stanno le cose, Spirlì che fine fa? Le notizie date non tengono in alcun conto la sorte del presidente facente funzioni Spirlì. Non un passante, malgrado il modo in cui è arrivato in plancia di comando in Cittadella senza essere legittimato dal voto popolare. Un reggente che oltretutto, insieme a una giunta regionale sin dall'avvio della legislatura in difficoltà su molti fronti, viene considerato "figlio di un Dio minore", destinato cioè a sparire dalla scena dopo la tornata elettorale dell'autunno prossimo. Errore da matita blu, però, per quanto ne sappiamo noi. Intanto perché piace tantissimo a Capitan Matteo Salvini, persino tentato di favorirne la riconferma ma consapevole di come si tratti di... scalare l'Everest, che tuttavia - non disarmandosi di fronte a questo ostacolo - un Piano B per il 'suo Nino preferito' lo avrebbe trovato: riproporlo come assessore alla Cultura. E poi chissà...