Se c’è una cosa che mi diverte di più quando bisogna valutare  le interviste dei dirigenti della sinistra nelle fasi di fibrillazioni dei gruppi dirigenti, è quello di tradurne il linguaggio. Nel PD sono presenti due tipi di linguaggio, quello post democristiano di stampo ecumenico e quello post comunista di stampo sovietico. Tutto dipende dall’estrazione politica di chi lo pronuncia. Le ultime parole da tradurre sono quelle di Nicola Oddati, membro della segreteria nazionale PD e responsabile del Mezzogiorno. Oddati è anche professore di statistica. Un passato nei DS. A lui il segretario nazionale del PD, Nicola Zingaretti, ha affidato di sbrogliare la matassa del PD calabrese.

 

Una matassa che poi ruota intorno alla questione delle questioni: la ricandidatura di Mario Oliverio alla Presidenza della Regione alle prossime elezioni regionali. In una intervista ad un quotidiano locale, Oddati, dopo un lungo panegirico su come rilanciare il partito al Sud e sul punto, ancora una volta ha evidenziato l’umore e la visione della segreteria nazionale del PD sulla vicenda calabrese. Nel suo ragionamento non ci sono frontalità, radicalità o prese di posizione nette. Oddati si esprime in perfetto stile comunista. Nel PCI, infatti, potevi anche sorbirti ore di relazione dedicate alle analisi, alla fine si capiva la posizione vera da alcuni dettagli lessicali. La manifestazione di un leggero dissenso lo percepivi da un : “è pur vero che”. Oppure quando il dissenso era più marcato, dopo una serie di elogi alla relazione, bastava un, “e tuttavia”,  per comprendere che la posizione politica di colui che la pronunciava, si collocava all’opposto di quella del relatore.  Insomma, nel linguaggio  comunista per comprendere dove si andasse a parare, dovevi saper cogliere i dettagli, le sfumature. Oddati, evidentemente,  ha attinto a quel linguaggio, per lanciare dei “segnali” al Governatore della regione.  Incalzato dal collega giornalista, proprio su Oliverio, infatti,  il responsabile del Mezzogiorno per il PD,  afferma: «Non possiamo rischiare che mentre Salvini tradisce il Sud, noi rischiamo di regalare la Calabria. Premesso che personalmente ho stima persona e del lavoro svolto dal Presidente Mario Oliverio. Penso che sia sto tutt’altro che semplice sistemare la Calabria dopo il disastro della giunta Scopelliti. Penso però, come s’è visto alle elezioni del 4 marzo 2018, che un buon governo possa non bastare». 

 

Un’espressione che, tradotta dal “russo sovietico” significa:  se ricandidiamo Oliverio il PD perde le elezioni. Quando poi l’intervistatore incalza sulle caratteristiche che dovrebbe avere la candidatura, il responsabile del Mezzogiorno del PD, pur rimanendo ancorato allo stile del “linguaggio dei dettagli” di tradizione comunista, si spinge un po’ più avanti e afferma: «attorno alla candidatura del Presidente, occorre unità del PD e delle forze che ad esso si alleano.” E ancora: dobbiamo lavorare tutti insieme a trovare una sintesi più avanzata alla quale, innanzitutto, Mario Oliverio deve contribuire». Il che tradotto dal politichese di tradizione post comunista significa sostanzialmente: la candidatura di Oliverio non è unitaria e dunque, contiamo su di un passo indietro del Presidente per favorire la la scelta di una candidatura unitaria.

Pa.Mo.