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Dopo una vita spesa per quegli autentici ideali di Sinistra che hanno sempre guidato i suoi passi, la scelta di campo delle ultime settimane è stata un approdo coerente e coraggioso.
Gianni Cuperlo, infatti, si è sottratto al gioco al massacro tra correnti e da oppositore interno al segretario del Partito democratico e premier Matteo Renzi ha detto Si, seppur sofferto, alla riforma costituzionale che gli italiani saranno chiamati ad approvare o respingere domenica prossima. La sua posizione, di rottura rispetto ai bersaniani (schierati decisamente per il No), ha un valore politico. Il sostegno alla riforma del deputato triestino, infatti, in un certo senso sdogana il voto più identitario di quella parte della Sinistra che non vuole che al vertice del partito vi sia “un uomo solo al comando”.
Insomma, grazie a Cuperlo domenica chi si riconosce nella migliore tradizione della cultura comunista e socialista italiana potrà nella scheda elettorale segnare il Si senza per questo “sentirsi renziano”.
L’esponente della direzione nazionale del Nazzareno ha ribadito le ragioni di una scelta oggi pomeriggio intervenendo ad un incontro tenuto nell’auditorium comunale di Rombiolo e organizzato dal locale circolo del Partito democratico. Hanno dato un contributo alla discussione, moderata dal direttore de “La C” Pasquale Motta, il segretario del circolo Pd di Rombiolo Massimo Aiello, quello provinciale Enzo Insardà, il sindaco di Rombiolo Giuseppe Navarra e il consigliere regionale Michele Mirabello.
L’intervento di Cuperlo è stato preceduto da una breve considerazione del deputato Bruno Censore: «La Calabria è un terra piena di problemi (disoccupazione, criminalità, spopolamento della aree interne, e proprio per questo che deve dare un segnale forte verso la semplificazione del sistema istituzionale perché solo così potremo come calabresi avere risposte tempestive e a passo con un mondo che corre veloce». Poi le conclusioni di Cuperlo, definito da Motta persona schiva, politico serio e fine intellettuale.
«Rispetto alla Destra conservatrice - ha esordito l’ultimo segretario nazionale della Figc - che ci ha sfidato sul terreno dell’economia e vinto negli anni ’80 e ’90 del secolo scorso (penso a Reagan negli Stati Uniti e alla Thatcher in Inghilterra) mettendo in discussione il valore della lotta alle diseguaglianze sociali, la nuova Destra (rappresentata da Trump negli Usa, Orban in Ungheria, Putin in Russia e Erdogan in Turchia) è ancor più insidiosa perché ci sfida non sul terreno del giudizio morale della disuguaglianza sociale ma su quello storico della democrazia. Ed è per questa ragione che non dobbiamo arretrare di fronte a questa Destra».
Quindi, il filo del discorso si è spostato sul referendum: «I principi costituzionali sono intoccabili. Abbiamo cambiato i 47 articoli relativi al funzionamento istituzionale perché vogliamo rendere più forte questo Paese, per avere maggiore democrazia e maggiore partecipazione. Abbiamo dato il nostro assenso perché abbiamo ottenuto dalla direzione del partito e dal segretario che i futuri senatori verranno eletti direttamente dai cittadini attraverso una legge che è stata depositata in Parlamento e abbiamo anche chiesto che venga cambiata la legge elettorale che eleggerà i deputati. Su questo c’è stato un impegno messo per iscritto dal vertice del mio partito».
Non è mancata la stoccata di fioretto ai “compagni” della minoranza interna che in questa campagna referendaria hanno imboccato un’altra strada. «Se - ha chiosato - dovesse prevalere la scelta di bloccare questa riforma io mi pongo la domanda: chi festeggerebbe? Forse più che quella parte della sinistra che ha dei dubbi legittimi su alcuni aspetti della legge costituzionale sarebbero le forze della destra a far sventolare le loro bandiere in piazza».